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Fa sorridere l’esternazione di Goldie riguardo al Berghain, che riporta un po’ tutti sulla terra.

Goldie è sicuramente famoso per non aver peli sulla lingua, nel senso che non pare si sia mai fatto problemi a mostrare una certa sincerità nelle sue opinioni e in altre esternazioni. L’ultima riguarda il Berghain, sempre osannato e pervaso di un’aura di sacralità come fosse un luogo sacro, un punto di arrivo finale sia per un artista che per un frequentatore di party, una Mecca per la musica elettronica. E probabilmente tutta questa autorevolezza ha il suo fondamento, esagerazioni o meno.

Tuttavia, l’esperienza di Goldie con il club di Berlino è meno memorabile di quello che di solito capita a chi riesce a entrarvi. In una videointervista ha avuto un moto di insofferenza dicendo:

“Sono stato un sabato al Berghain, ma non è niente di chè, è ok. Non credo ci tornerò di nuovo, ma onestamente c’era un tipo spagnolo al piano di sopra che mi annoiava a morte. Dopo tutto quel che ci vuole per entrare, di certo non è come l’Heaven. Sono stato rimbalzato cinque volte alla porta dell’Heaven di Londra, ma una volta dentro, ne vale la pena.”

L’Heaven con cui fa il paragone è un locale storico di Londra, non lontano da Trafalgar Square. E’ sempre stato un importante spazio notturno per la comunità gay, aperto nel 1979, fortissimo negli anni ’80, e ritenuto praticamente lo Studio 54 in salsa europea. Anche l’Heaven ha rigidi criteri di selezione all’ingresso, e al suo interno si susseguono eventi che toccano praticamente tutti i generi, anche al di fuori del clubbing vero e proprio.

Questa sua opinione fuori dal coro non riguarda, come di solito accade, il malcontento dovuto alla selezione all’ingresso. Questa volta c’è chi è rimasto poco impressionato da ciò che ha trovato una volta dentro, non proporzionato all’attesa.