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Un excursus lungo la carriera di Nina Kraviz, artista tra le più interessanti, richieste e discusse nella scena della musica elettronica.

Prima di addentrarci nella carriera di Nina Kraviz, è bene fare alcune considerazioni.

Se guardiamo al panorama della musica elettronica dal punto di vista del pubblico, c’è una considerazione che non si può non fare. Ci sono, infatti, figure artistiche considerate sostanzialmente intoccabili, divine, inviolabili.

Ci sono, poi, personaggi che stanno sul versante opposto, costantemente criticati e bistrattati, qualsiasi cosa essi facciano. Se c’è un’artista che ha sempre pattinato sul filo che divide queste due categorie così distanti, è proprio Nina Kraviz.

Ma partiamo da una breve, quanto necessaria, introduzione a questa dj, produttrice, label-owner, cantante e artista a tutto tondo.

Damela Ayer, questo il vero nome di Nina Kraviz, viene da una terra rigida e non certo famosa per i talenti musicali prodotti: la Siberia. Il precoce trasferimento a Mosca, luogo sicuramente più adatto alle velleità artistiche di una giovane donna, le permette di muovere i primi passi nel campo della musica.

Fino a quel momento, Nina Kraviz si era interessata principalmente al Rock, grande passione del padre, e a tutto ciò che riguardasse la musica elettronica.

Parliamo principalmente di Detroit Techno, Chicago House e Acid.

È nel periodo degli studi universitari che inizia la relazione vera e propria tra Nina Kraviz e la musica. La giovane, infatti, inizia a lavorare in una radio e per la rivista di musica elettronica Ptuch. Dopodiché, mentre inizia a muovere i primi passi nel djing e a collezionare dischi, lavora anche in un’agenzia di booking.

Giornalista, conduttrice radio, collezionista di dischi, agente

Tutto questo in giovanissima età. In altre parole, Nina Kraviz può vantare un’esperienza che la maggior parte dei suoi colleghi non ha avuto a quell’età. Difficile, quindi, mettere in dubbio le competenze e le conoscenze musicali dell’artista russa, che all’inizio degli anni 2000 ha già messo delle basi più che solide per la futura, incredibile carriera musicale.

Molto prima della sua consacrazione, che arriverà intorno al 2009, Nina Kraviz ha già sperimentato ogni genere musicale nei suoi set.  Non solo nel decennio 2000-2009 si cimenta in Funk, Techno, Acid, Disco, Italo-disco e altre sfaccettature dell’elettronica.

È anche compositrice, cantante e co-produttrice per il suo progetto My Space Rocket, che condivide con altri due artisti russi.

Questo progetto, sconosciuto e apparentemente inutile nella carriera di Nina Kraviz, le permette di muovere i primi, fondamentali passi all’interno del mondo della produzione musicale.

Il “turning point“, come lo definisce lei stessa in una sorta di intervista a Fabric, arriva nel 2006. È in questo anno che riesce a partecipare a Red Bull Music Academy a Melbourne, nonostante il diritto lo avesse acquisito l’anno precedente, senza poi riuscire a partire per gli Stati Uniti.

Proprio a Melbourne arrivano i primi incontri importanti: oltre a Radio Slave, che la ospiterà sulla propria Rekids per le prime, importantissime pubblicazioni, conosce Greg Wilson.

È proprio Greg, proprietario di B77, che pubblica sulla propria label il primo disco di Nina Kraviz, “Amok“, EP prodotto con My Space Rocket e con Mikhaylo Vityk, oggi conosciuto come Vakula.

Il 2009 è l’anno della svolta vera e propria a livello di fama internazionale. Nina Kraviz invia due demo a due grandissimi produttori e label-owner, vedendole entrambe pubblicate.

Quanti artisti possono dire di essere usciti con i loro primissimi EP su etichette del calibro di Underground Quality e Rekids, rispettivamente fondate da Jus-Ed e Radio Slave? Non molti, questo è certo.

Da lì in poi è storia nota ai più: le numerose uscite su Rekids, le tracce che hanno riscosso un successo planetario (vedi alle voci “Ghetto Kraviz” e “I’m Week“), l’album di debutto nel 2012, Boiler Room, DJ-Kicks, Fabric 91, l’inaugurazione di трип (Trip), di Galaxiid e tanto, tanto altro.

Il perché di questa doverosa introduzione è presto detto: chi immaginerebbe che un’artista con una carriera così completa e di rilievo possa essere tra gli artisti più criticati dalla platea della scena elettronica?

Esatto, Nina Kraviz sta nell’affollatissimo Olimpo degli artisti che dividono radicalmente il pubblico e i suoi detrattori sanno essere tra i più avvelenati e ostinati. A differenza di altri artisti, però, Kraviz sembra non aver mai dato particolari motivi che giustifichino questo odio da parte di alcuni.

L’artista siberiana è riuscita a mantenere sempre una certa ricercatezza, sia nei set, sia nelle produzioni. Non si è svenduta alla faciloneria delle sonorità Tech-House, non ha cercato di far parlare di sé con maratone o espedienti simili e si è rivelata coerente anche sulle consolle più scontate.

Se questo non bastasse, ha ospitato sulla sua трип alcuni tra gli artisti più interessanti del momento, tra cui Deniro e Maayan Nidam, oltre a leggende come Aphex Twin e DJ Rush.

Anzitutto, quello della musica elettronica è un mondo sessista. Intendiamoci, non più sessista di altri settori, anzi. Ma il sessismo c’è ed è stato più volte manifestato da diversi artisti e denunciato da altri.

Pochi mesi fa Konstantin, co-fondatore di Giegling, si è reso protagonista di infelici battute sulle abilità femminili nel djing, mentre Funk D’Void sembrerebbe molto vicino ad ambienti anti-femministi e razzisti.

Più indietro nel tempo, invece abbiamo un Jackmaster che si dichiara letteralmente “travolto” dalla misoginia imperante nell’industria musicale, di cui lui stesso è stato diretto testimone.

Tirando le somme, se tutti gli artisti di enorme successo sono automaticamente bersaglio di critiche più o meno feroci, nel caso di Nina Kraviz questo fenomeno viene acuito da sessismo e misoginia.

In altre parole, secondo una buona fetta di ascoltatori, la grande fama di una dj e produttrice donna non può che essere stata raggiunta tramite meriti extra-artistici (vedi ciò che sta succedendo con Amelie Lens).

Tutto questo nonostante sia palese che il background della dj russa, sconosciuto alla grandissima parte dei suoi detrattori, è di altissimo livello

Senza dilungarci troppo nella dissertazione di un argomento tanto complesso quanto velleitario, passiamo ad un breve viaggio di dieci tracce all’interno delle produzioni di Nina Kraviz. Dopo aver analizzato la sua interessantissima carriera e aver ascoltato alcuni tra i suoi migliori set, infatti, questo può essere l’ultimo, cruciale punto a favore dell’artista che stiamo trattando.

#1 Amok – Amok EP (My Space Rocket) (2007)

È qualcosa di armonico, ipnotico e di facile ascolto la prima uscita in assoluto che ha visto protagonista Nina Kraviz. “Amok“, composto nell’ambito del progetto My Space Rocket, è un lavoro estremamente morbido e accogliente.

Nonostante siamo ancora agli albori della sua carriera, si possono già notare alcune sonorità tipiche della Ayer, oltre alla sua inconfondibile voce.

#2  Voices (Rmx DJ Jus-Ed) – Voices RMX Project EP (2009)

Voices” è ufficialmente il primo disco uscito sotto lo pseudonimo di “Nina Kraviz“. La parte vocale, ancora curata da Nina in persona, è particolarmente evocativa e ricorda a tratti la storica traccia “Tom’s Diner” di Suzanne Vega, reinterpretata anche da Giorgio Moroder nel 2015.

#3 Pain In The Ass – Pain In The Ass EP (2009)

L’amore per il minimalismo inizia a manifestarsi prepotentemente in questa traccia, tra le più conosciute di Nina Kraviz. La riflessione parlata sull’amore accompagna una base avvolgente e trascinante, che sfocia in suoni fumosamente acidi e peneranti.

#4 Hotter Than July – Hotter Than July/Sun EP (2009)

In questa uscita Kraviz collabora con Phillip Sollmann, aka Efdemin. I due si dividono un EP che esce proprio sulla Naïf di Sollmann e che implementa suoni tribali e vivaci alla consueta essenzialità tipica dei due produttori.

#5 Tanya – I’m Week EP (2010)

Altro EP enormemente conosciuto di Nina, altra uscita sulla sua “base”, Rekids. Piccola curiosità: il mixing è curato da Tobias Freund, storico resident del Berghain/Panorama Bar conosciuto semplicemente come “tobias.“.

#6 Ghetto Kraviz – Ghetto Kraviz EP (2011)

Poco da dire. Una traccia conosciutissima e un video, filmato al celeberrimo Arena Club di Berlino, in cui Damela esterna tutta la propria personalità artistica. Produce, canta, balla. Un carisma incredibile.

#7 Aus – Nina Kraviz LP (2012)

Aus” fa parte dell’unico vero e proprio album pubblicato da Nina Kraviz e che da lei prende il nome.

Da questo LP l’artista russa estrarrà diverse tracce, ma questa, a nostro modesto avviso, non è solo la più interessante e accattivante dell’album, ma una delle produzioni migliori mai partorite dalla mente di Nina.

#8 Ghetto Kraviz (Steve Rachmad’s Jack Mix) – The Remixes (2012)

Steve Rachmad è uno degli artisti più qualificati e di talento che abbia mai messo le mani su una traccia di Nina. Il tocco è inconfondibile.

#9 Black White – Mr Jones EP (2013)

Mr Jones” è l’ultima uscita in ordine di tempo su Rekids, nonché l’ultima prima di inaugurare la propria label. A questa sorta di mini-album collaborano Luke Hess, con un featuring, e Alexkid, il cui remix di “Pain In The Ass” è quasi più famoso del brano originale.

#10 Pochuvstvui – Pochuvstvui EP (2017)

Pochuvstvui” non è solo la prima uscita di Damela sulla propria label трип, ma è anche la perfetta immagine dell’impronta artistica dell’etichetta. Un’impronta ruvida ma ordinata, cruda ma lineare, che rompe col passato senza metterlo completamente da parte. Anzi.