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Negli Stati Uniti i ricavi della vendita di vinile  del 2015 superano quelli di Youtube e Spotify messi assieme. Ma il margine di guadagno degli artisti si riduce sempre di più.

La RIAA, l’Associazione Americana dell’Industria Discografica, ha rilasciato le cifre dei guadagni dell’industria musicale statunitense per il 2015: mentre assistiamo ad un incremento complessivo dei ricavi dello 0.9%, per un totale di 7 miliardi di dollari incassati, incredibilmente, gli introiti generati dalla vendita di dischi in vinile superano quelli del mercato della musica in streaming: 416 milioni incassati, a fronte dei 385 dei colossi Youtube e Spotify nel complesso.

Questo è anche il primo anno in cui i ricavi della musica in streaming superano quelli delle vendite in download digitale: lo streaming occupa infatti il primo posto con il 34,4% del mercato, il download digitale si piazza al secondo posto, indietro di uno 0,3%, mentre alla vendita di musica su supporti fisici è riservato un 28,8%. Gli abbonamenti per lo streaming musicale vanno forte: Spotify vanta 30 milioni di iscritti e Apple Music 11 milioni, per un ricavo che si aggira attorno al miliardo di $ nei soli USA.

Tuttavia, “Nel 2015, nonostante i siti di musica in streaming abbiano totalizzato centinaia di miliardi di click, i loro guadagni rimangono inferiori a quelli di altri tipi di servizi”, afferma il CEO della RIAA, Cary Sherman.

Purtroppo, continua Scherman: “Il consumo di musica è alle stelle, ma i guadagni per chi la produce non stanno al passo di questo incremento generale. Per questo motivo ci sentiamo di dire che questi colossi si arricchiscono a scapito degli artisti”.

Le compagnie, traendo vantaggio da leggi datate o scorciatoie diplomatiche, attuano un vero e proprio appropriamento del valore del prodotto musicale, riuscendo a pagare cifre inferiori a quelle di mercato o addirittura in certi casi non pagando, e definendo di fatto loro stessi gli standard di vendita.

Youtube da parte sua si difende, ricordando che Google ha fin qui elargito all’industria musicale 3 miliardi di dollari e affermando che: “Qualunque confronto con altri servizi di musica a pagamento audio-only appare insensato”.

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(Via Factmag)

Vanja Favetta