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Dave Clarke, con il suo consueto spirito critico, ha preso una posizione non proprio accomodante riguardo al neo-presidente americano Donald Trump.

Lo scorso 23 gennaio è apparso sulla sua pagina Facebook ufficiale un post dove Dave Clarke esprime tutto il suo disappunto per la situazione politica americana, allegando allo scritto una foto della statua della libertà che si dispera.

In questi giorni il web è invaso da commenti che condannano o condividono i presupposti politici da cui inizia la nuova avventura del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Numerosi artisti e personaggi dello spettacolo hanno voluto dire la loro sul tema, ed una delle posizioni più critiche a riguardo l’ha presa proprio Dave Clarke.

L’artista britannico non è nuovo alle scelte anticonformiste, essendosi sempre distinto per la sua forte personalità anarchica e per avere preso delle posizioni politico-sociali che potremmo quasi definire punk (ed è lo stesso suo logo a ricordarcelo).
A questo proposito, le parole con cui Clarke ha commentato la nuova esperienza politica degli States sono pesantissime:

Quello che penso è duro, ma ci ho pensato davvero a lungo e non mi resta che esprimerlo qui… Io, porto il massimo rispetto per l’influenza che la musica americana ed alcuni aspetti della cultura USA hanno avuto nella mia vita, ma non rinnoverò il mio visto per lavorare negli States. Ho avuto brutte esperienze professionali negli Stati Uniti ed anche questo influisce sulla mia decisione, sarei falso a non ammetterlo. [..] Il motivo più grande è sicuramente quello politico. Semplicemente non posso considerare di venire a svolgere la mia professione in un paese dove c’è un presidente in carica misogeno, narcisista e razzista, ma forse il mio permesso non sarebbe comunque stato rinnovato a causa del suo mettere davanti prima gli americani….

Clarke di seguito calca la mano, giustificando così la sua scelta:

Questo è il risultato della democrazia, e su questo non c’è da discutere, ma anche la mia decisione è stata presa grazie al libero arbitrio. Questa non vuole essere una punizione per tutti quelli che amano la mia musica, ma una decisione frutto della mia intuizione. Tutti voi carissimi che mi invierete richieste per venire nel vostro bellissimo paese, non prendete tutto ciò sul piano personale. Molti di voi, nati negli States, fanno davvero una grande musica. Io continuerò a supportarvi e a contattarvi per le mie date”.

Non c’è ombra di dubbio che la posizione presa dal dj britannico sia davvero estrema. In passato, sono stati numerosi gli attacchi che Clarke ha lanciato verso alcuni colleghi e verso il “sistema” del clubbing internazionale. La sua indole anarchica si è manifestata anche durante la Boiler Room svoltasi in occasione dell’Amsterdam Dance Event, nella quale il Barone indossava una maglietta che recitava: “DON’T SUCK CORPORATE COCK”.

Sicuramente le sue conclusioni vanno rispettate in quanto frutto di un’opinione personale. Quello che però potrebbe scaturire qualche perplessità sta nel fatto che la decisione di Dave Clarke vada a discapito dei suoi supporter americani. Purtroppo, non sappiamo a che tipo di esperienze negative si riferisca nel post; sappiamo che però la sua scelta andrà solo a penalizzare gli appassionati, non potendo avere degli effetti immediati di cambiamento sul panorama politico e culturale statunitense.

Sono numerose le persone hanno commentato il post chiedendo spiegazioni. Alcuni di loro hanno definito quest’atteggiamento ipocrita data l’attuale situazione politica globale. C’è infine chi fa notare all’artista di non aver avuto problemi a suonare negli Usa durante l’era Bush.

Di fronte a queste argomentazioni, Dave Clarke ha affermato di essere molto più preoccupato della situazione politica mondiale oggi rispetto a qualche anno fa, non escludendo l’Europa dal suo ragionamento:

“Sono anche preoccupato per il futuro di Paesi Bassi, Francia, Germania e Gran Bretagna”

A noi dispiace che la vicenda “David Clarke contro Donald Trump” penalizzi solo chi dovrà uscire dal paese per potersi ascoltare il Barone in dj set. Ad ogni modo non siamo qui per mettere in dubbio l’artista, anche se non ne dovessimo condividere a pieno le scelte politiche.

 

Alessandro Carniel