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Mi sembra doveroso scrivere un’opinione riguardo il decesso del giovane Lamberto Lucaccioni, il sedicenne morto nella notte tra il 18 e il 19 Luglio al Cocoricò, aveva solo 16 anni.

La notizia ha alzato il solito ipocrita polverone mediatico che è servito solo ad inasprire l’opinione pubblica verso i club e verso le persone che li popolano.

Il Belpaese si divide in alcune note categorie di pensiero che suggeriscono differenti “soluzioni”.

1- Bisogna chiudere il Cocoricò

 «Discoteche e locali hanno il compito di vigilare su ciò che accade all’interno delle strutture, e di vietare l’ingresso e la vendita di droghe nelle aree di loro competenza – dice il presidente Carlo Rienzi – Se la morte del sedicenne è avvenuta a causa di ecstasy assunta all’interno della discoteca, ciò significa che i controlli da parte della struttura sono stati inidonei, e pertanto chiederemo la chiusura del Cocoricò». (fonte corriere.it)

Il colpevole in questo caso sono gli organizzatori.

2- Arrestiamo lo spacciatore.

Indagini. I sequestri dei video delle telecamere interne al locale, forse, faranno capire alle forze dell’ordine chi abbia venduto cosa al giovane Lamberto.

Il colpevole in questo caso è uno.

3-Ogni tanto ci vorrebbero due sganassoni”.

In questo caso i colpevoli sono i genitori o gli educatori.

4- Inaspriamo i controlli nei locali.

Il titolare del Cocoricò, Fabrizio De Meis, ha lanciato un appello: “Il locale ogni anno spende 150mila euro in sicurezza. Vogliamo fare di più, magari con un’unità cinofila, cani antidroga, a spese dell’imprenditore».

Si ride nervosamente di fronte a tali qualunquiste “lezioni di vita”.

Ne abbiamo pieni i coglioni di un Paese che fa finta di niente di fronte a tutto e poi al primo allarme che fa audience inneggia in modo ridicolo allo sventolio del manganello.

E’ palese da tempo ormai che è necessario un cambio di passo per evitare ancora drammi nelle discoteche (ma si potrebbe estendere il discorso in altri ambiti), ora è l’occasione per farlo.

Lo dicono mille dati. Lo dice il fallimento della legge Fini-Giovanardi e il conseguente sovraffollamento carcerario, lo dicono le inattive politiche sulle droghe delle quali non sono neanche tracciati i lineamenti, lo dice la crescente criminalità sviluppatasi in svariate forme di organizzazione, lo dice il fallimento della prevenzione, la disinformazione che circola tra i giovani come Lamberto che noi dobbiamo tutelare per farci tutelare in futuro.

L’insorgere di nuovi tipi di consumo, l’eccesso, l’abuso porteranno sempre con sé tragedie alle quali possiamo rimediare solo con una buona informazione e soprattutto con una dose massiccia di cultura, di speranza.

Dateci un Paese vivibile per farci esistere sereni.

Siamo stufi di dover sentire notizie di cronaca nera collegate alla night life, ad eventi che vorrebbero portare divertimento, integrazione, crescita.

Siamo delusi, demoralizzati, indignati, incazzati.

Certo è vero che il Cocoricò di Riccione, come qualsiasi club mondiale, è stato frequentato anche da chi cercava lo «sballo» come forma di trasgressione, ma da alcuni anni ha virato sul divertimento sano, come indica uno slogan davanti al locale e la collaborazione con le forze dell’ordine.

Poco meno di un mese fa, il 26 giugno, la discoteca si era «trasferita» a San Patrignano dove, per i 1.500 ragazzi della comunità, aveva organizzato una grande festa in occasione della giornata mondiale della lotta alla droga. L’auditorium della comunità si era trasformato in una grande discoteca grazie ai dj del locale, incoronato dal mensile britannico «DjMag» come la più importante discoteca italiana e la sedicesima nel ranking mondiale.

«Per anni – commenta ironicamente il disc jockey più “storico” del Cocoricò, Claudio Coccoluto – siamo stati i maggiori fornitori di clienti a San Patrignano: c’è stato un momento in cui la trasgressione veniva comunicata come un super divertimento. “Lo sballo del sabato sera”: già che lo chiami così, lo stai incoraggiando e legittimando. Non mi è stato mai bene questo atteggiamento, mi sono battuto per far capire che tutta la droga del mondo non vale un milligrammo di endorfina prodotta dal piacere di stare bene, ascoltare la musica».

Una linea di condotta confermata e sottolineata dal patron del locale, Fabrizio De Meis: «il divertimento sano e sicuro eleva il lavoro svolto in questi anni dal Cocoricò sia dal punto di vista artistico, sia della sicurezza e del contrasto dell’ eccesso e dello sballo». (Corriere.it)

 

Pier Paolo Iafrate