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La tecnologia è andata avanti in maniera massiccia nel corso degli ultimi tre decenni, e i software di oggi hanno sostituito in parte gli hardware di ieri, ma sarebbe un errore ritenere obsolete le tecniche utilizzate dai pionieri della vecchia scuola per produrre musica, la stessa alla quale ci ispiriamo oggi in fase di produzione.

In realtà, è stato spesso e volentieri proprio questo “limite” dato dalla loro attrezzatura che ha costretto gli artisti di tutto il globo ad essere creativi con le loro produzioni musicali , dando vita a suoni rivoluzionari e avanguardistici.

Scopriamo insieme i trucchetti utilizzati in passato per produrre musica e come configurare i nostri software per sfruttare le loro potenzialità.

1. Il Pitch 

Sebbene il timestretching è stata una caratteristica base sui primi sampler , non ha sempre poi dato i risultati sperati. Per adattare i tempi di un sample ad un brano , i produttori dovrebbero semplicemente suonarlo con una nota superiore o inferiore rispettivamente per accelerarlo o rallentarlo .

Naturalmente , questo potrebbe influenzare l’intonazione del sample . Nella maggior parte dei casi invece si ottiene un risultato migliore e la traccia acquista maggiore incisività rispetto alla configurazione odierna, in particolare questo avviene sui drum loop.

2. Innesco Analogico 

Il gate era un vecchio sistema per pilotare i synth. Il trigger (si traduce innesco ma nemmeno i miei prof degli anni 60 dicono innesco) è un semplice circuito elettronico che sincronizza un onda  in orizzontale per un preciso valore di soglia (Gate)

I nuovi generi musicali vanno di pari passo con le nuove tecnologie , e nei primi anni ’90 ci hanno portato alla jungle ( il precursore della Drum N’ Bass). Utilizzare il timestretching diventava conveniente per i produttori : era improvvisamente possibile prendere un vocal ed aggiungerlo ad una traccia con un tempo molto diverso senza farlo sembrare -uno scoiattolo sotto effetto dell’elio o il diavolo che parla lentamente- .  I produttori si resero anche conto che dimezzando il tempo di battuta, quindi dimezzandolo di nuovo e via dicendo , si sarebbero potute creare versioni lowpitchate di parole e frasi.

Questo processo duplica delle “fette” del sample , frammentando il suono e creando quella sorta di effetto balbuzie – simil strobo , utilizzato ancora tutt’oggi.

3. Campioni suonati all’indietro

Nel ’90 i produttori campionavano i loro suoni per poi reinvertirli tramite il flip reverse. L’effetto creato risulta tutt’oggi ottimo per creare edit di tracce, ma può anche essere parte integrante di un brano in versione originale . Le percussioni invertite suonano come tamburi e i clap possono alimentare le percussioni stesse , o anche stazionare all’interno della battuta per enfatizzare la sequenza ritmica della traccia audio.

4. Il basso “SP”

I campionatori vintage erano  senz’altro stravaganti . Ad esempio, nei primi anni ’90 a New York il sound hip-hop era caratterizzato da linee di basso filtrate e sporche , in parte dovute ad una stranezza della E – MU SP -1200.  Il produttore dei Public Enemy ,Hank Shocklee, disse a tal proposito :

“Mentre stavo suonando “Black Steel In The Hour Of Chaos” mi accorsi che gli alti venivano soffocati da qualcosa. Non riuscivo a sentire la parte degli alti , nulla . Scoprii che se si mette il jack su phono o ad un quarto di pollice da esso , quest’ultimo filtrerà l’alta frequenza . Campionai subito la parte di basso del sample e pensai :  -Oh , merda , questa è la cosa più pazza del mondo!-  “

5. Limiti creativi

Come vi stavamo dicendo , la tecnologia ha fatto passi da gigante nel corso degli ultimi tre decenni.

Il “limite” dato dall’ attrezzatura ha costretto i produttori ad essere creativi con le loro produzioni musicali , dando vita a suoni innovativi. I primi software digitali erano molto limitati nella fase di memorizzazione , per cui era necessario campionare brevi loop audio. Inoltre c’era una sorta di bug in fase di riproduzione del sample : in una sequenza , i loop suonavano poco prima dell’attacco e finivano di farlo anche in ritardo.

L’effetto era spesso imperfetto e – ancora più importante – evidente,  divenne una parte fondamentale e caratteristica dei primi riff in dotazione sulle machine, come l’onnipresente rumore del clacson, peculiarità delle prime produzioni di Todd Terry. Questa limitazione della memoria, insieme all’editing a bassa risoluzione, ha fatto sì che il suono che ne veniva fuori fosse di difficile gestione ; un modo per utilizzarlo a nostro favore è quello di gettare al vento ogni cautela e utilizzare l’effetto come una caratteristica evidente che aggiunge un po’ di atmosfera al nostro sound.

6. L’era delle sinusoidi 

Come vi stavamo dicendo prima , l’avanzare della tecnologia seguiva la nascita di nuovi suoni e quindi di nuovi generi musicali. Con l’uscita dell’Akai S900 e S950 , i primi campionatori della casa giapponese  , vennero prodotti una serie di sample di default di un semplice basso con onda sinusoidale , un classico per produrre hip-hop , hardcore , jungle e DnB. E’ notoriamente difficile creare un basso Sinusoidale particolare ed interessante , ma una combinazione di circuiti a 12 bit e uscite analogiche aggiungono quello che manca. Si può ricreare eseguendo un riff ad onda sinusoidale accoppiato ad un bitcrusher ed alcuni plugin di saturazione analogica . La differenza può sembrare sottile fino a quando si lancia il brano in pista ; accostato ad altri elementi arricchirà il tutto e lo renderà veramente unico!

7. Metodi combinati

Alcune macchine di oggi basate sui primi campionatori – come la D-50 della Roland – combinano la sintesi con il campionamento. Ciò è in parte ideato per ragioni creative, ma in parte anche per superare il tempo di campionamento limitato che si aveva a disposizione.

Questa tecnica può produrre suoni sovrapposti come percussioni , fasi di attacco  (alle quali non serve il pitchaggio quando vengono suonate su e giù per la keyboard) e suoni sostenuti che possono essere riprodotti musicalmente.

Provate le vostre combinazioni nel vostro campionatore , mappando due suoni diversi sulla stessa key-range e regolandoli in seguito. Ad esempio, l’attacco di un pianoforte sostenuto da un sample di una trumpet. O un sample di un kick ed uno di organo elettronico, stile Daniel Bedingfield.

8. Tagliare gli accordi

Un classico sample-riff effect si può ricreare campionando un accordo e riprodurlo usando una patch base sul synth.  In questo caso succedono due cose : la durata del sample cambia (le note alte si accorciano mentre quelle basse si allungano) e si crea un effetto dinamico sul suono.

Si può ricreare l’effetto registrando un accordo e modificandolo come più vi aggrada usando la vostra patch synth preferita.

9. Trucchi Vocal

La metà degli anni ’80 ha visto un nuovo tipo di vocal caratterizzare le tracce e conquistare le chart di tutto il mondo : il riff con vocal, campionato . Verso la metà dei ’90 , era tutto morto e sepolto , ma negli ultimi anni è stato spesso riutilizzato. L’ approccio generale moderno impiega massivamente la modulazione del pitch , ma è essenzialmente lo stesso semplice trucco : prendere una parola o una sillaba da un vocal , mapparlo attraverso la tastiera e suonarlo accompagnato ad un riff.

10. Tagliare e scomporre

Un’innovazione che caratterizzava i primi campionamenti negli anni ’80-’90 era il taglio e la riclassificazione dei drum loops , ottenuti mediante la suddivisione di un beat in pezzi e suonandolo ciascuno in successione via MIDI.

Si può riprodurre  copiando la stessa parte e posizionandola fra un intervallo che va dai cinque ai dieci tasti della keyboard , impostando il punto di inizio del sample differentemente per ogni tasto.

Un altro modo per fare la stessa cosa è tagliare semplicemente il loop in misure quantificate (crome, semiminime, mezze note, note integrali, ecc), complete di fasi d’attacco glitchate.

Federico Botta