fbpx

Rareș, in occasione della release del suo ultimo disco “Femmina”, si è raccontato senza filtri ai microfoni di Parkett.

Rareș è un cantautore che unisce elettronica e pop in una dimensione inedita e mai banale. Il suo ultimo lavoro discografico intitolato “Femmina” è un soliloquio artistico, in cui il filo del racconto è astratto ed impercettibile.

Un atto creativo in cui libertà ed istinto diventano assoluti protagonisti nei suoni decisi e nelle parole taglienti dell’artista che dalla Romania all’Italia, passando per l’Inghilterra, riesce a tracciare una direzione musicale sempre imprevedibile ed elegantemente scomposta.

Eclettismo, fame di vita, pluralità di anime. Il mondo femminile raccontato da Rareș vive nel contrasto maschile. Un Giano bifronte che non perde tempo ad incasellarsi musicalmente, privo di limiti e confini identitari. Ne abbiamo parlato con lui, buona lettura!

Rareș Credit Photo Bianca Peruzzi

Ciao Rareș, benvenuto su Parkett. Dentro il tuo universo musicale riesci a fare convivere le differenti culture che hai assorbito ed interiorizzato nel tempo, dalle tue origini rumene alla vita in Italia. Ti va di raccontarmi come riesci a fare convivere e farmi conoscere tutte le influenze nel tuo progetto musicale?

E’ una cosa principalmente istintiva, che però nel tempo sto capendo come imbrigliare e usare bene. Gran parte del lavoro è ascoltare e provare a riprodurre con i propri mezzi. Però questi sono ragionamenti post-Femmina, che è stato pressoché istintivo dal punto di vista delle influenze, è stato lasciarsi guidare.

“Femmina” è il tuo secondo disco. Che passaggio rappresenta nella tua evoluzione artistica questo disco?

Femmina è il mio primo lavoro che mi toglie le parole di bocca. Non devo più spiegare nulla del disco. Basta metterlo su e io, persona, non servo più.

Il titolo del disco è il tema principale che attraversa in maniera sottile ma tagliente l’intero sviluppo del racconto sonoro dell’album. Qual è la femmina che descrivi in questo album e in che modo l’universo femminile rappresenta per te una forma d’ispirazione?

Spoiler alert: la Femmina che voglio alla fine viene fuori che sono io. È un tentativo di dare spazio a tutte le dimensioni della mia persona, anche quelle alle quali non ho mai badato abbastanza. In questo momento per me non ha risvolti identitari, di genere o affini: è più sentirsi pieni, bastarsi da sé.

Nel nuovo disco ho trovato una maggiore indagine a livello testuale rispetto ai precedenti lavori. Come sei riuscito a raggiungere questa maturità espressiva?

Improvvisando; la maggior parte del disco è improvvisato, poi a seconda del risultato della take ho tre modus operandi: butto, correggo, tengo così com’è. Più che maturità necessità e ansia di buttare fuori.

Qual è stato all’interno del disco il pezzo più “sofferto”? Difficile da chiudere o semplicemente quello su cui hai messo mano più volte?

“You Be My”, buttata via e ri-prodotta a pochi giorni dall’uscita. Non girava per niente, quindi io e Novecento siamo ripartiti da capo. Aveva un hook in rumeno che però non funzionava, troppe voci una sopra l’altra, un casino.

La delicatezza della tua voce si scontra spesso in alcuni brani con l’energia dell’elettronica, i synth esplosivi. Nel processo di scrittura dei brani quale parte nasce prima? Hai uno schema fisso o variabile?

99% nasce tutto insieme. A volte mi capita che non ho niente da dire, e quindi tiro fuori una bozza, un testo vecchio dal telefono o dal computer giusto per cantare qualcosa. Se invece c’è l’esigenza, basta accendere il microfono. Ad ogni modo, voce e strumenti si influenzano sempre tantissimo, mi viene tanto difficile separare una cosa dall’altra, se si tratta di scrivere canzoni.

Raccontare significa spesso spogliarsi di dosso definizioni e intenti. Qual’ è la cosa più costosa di cui ti sei spogliato in questo album?

La cosa della musica educata, quieta, a modo (vedi Curriculum Vitae). E’ una parte di me, ma solo una parte. Femmina riequilibra molto, rende’ un’immagine più reale e sincera di cosa mi piace fare e chi sono.

Il prossimo 26 maggio ti esibirsi sul palco del MI AMI. Cosa rappresenta per te questo festival e cosa ti aspetti da questa nuova edizione?

La prima ero giovane ed emozionato, persi la voce davanti ad una sala piena zeppa. Non è stato molto divertente, ma ero diverso io ed era diversa la mia musica. Sarà primavera inoltrata e ci sarà tanta gente. Farò il possibile perché sia una bellissimo live per chi viene a sentire.

Rareș Credit Photo Bianca Peruzzi

Ultima domanda. Come si immagina Rareș tra dieci anni?

A libera scelta fra queste cose: una persona gentile, padre, musicista, autore, insegnante, panettiere