Dopo oltre un decennio di silenzio, Native Instruments riporta in vita uno dei software più influenti dell’era elettronica: Absynth.

Absynth ritorna in un nuova versione che si propone come un ripensamento critico di un oggetto che ha plasmato l’immaginario ambient, IDM e cinematografico degli ultimi vent’anni. La versione Absynth 6, sviluppata insieme al suo creatore Brian Clevinger, lavora su due assi: da un lato la restaurazione del suo motore ibrido semi-modulare (granulare, FM, wavetable, sottrattiva, sample-based); dall’altro l’innesto di un vocabolario contemporaneo fatto di MPE, surround, microtuning globale, e di un’interfaccia guidata da un’AI pensata non per automatizzare, ma per orientare lo smarrimento.

La novità più significativa è infatti il Preset Explorer, una mappa timbrica che trasforma la libreria in un territorio navigabile, dove le categorie cedono il passo a coordinate morfologiche. È uno strumento di ricerca — quasi topologico — che invita a muoversi per affinità sonore più che per famiglie funzionali. Ed è proprio questa logica a informare anche la campagna visiva, realizzata da Weirdcore insieme al designer post-internet Swarmm: un ecosistema di glitch topografici, glifi fluttuanti e superfici gaussiane che rimappa la città come spazio liminale, dove l’intelligenza artificiale diventa matrice estetica più che filtro decorativo.

L’operazione non si limita a un video manifesto: Weirdcore continuerà a espandere la filosofia Weird by Design di Absynth 6 attraverso una serie di visualizer artworks a rilascio progressivo, ciascuno costruito su composizioni originali realizzate con il nuovo synth. Il primo contributo arriva dall’australiana HAAi, apripista di una serie di collaborazioni con DJ e producer noti per un approccio non lineare alla produzione.

Sul piano sonoro, Absynth 6 ribadisce la sua identità storica: envelope a 68 punti, engine modulare aperto, una suite di effetti, dall’Aetherizer al Cloud Filter, ora gestibili con surround per-effetto, e una retrocompatibilità che permette di caricare patch da Absynth 1 fino alle versioni 4 e 5. A questo si aggiungono nuovi preset firmati da tre figure che rappresentano altrettanti modi di intendere la sintesi come organismo vivente: Brian Eno, Kaitlyn Aurelia Smith e Richard Devine.

Il risultato non è un revival, ma un tentativo di ripensare la storia di uno strumento che non ha mai creato “suoni” in senso stretto, ma mondi possibili. In Absynth 6, questa attitudine viene aggiornata con strumenti che potenziano l’espressività, MPE e poly-aftertouch per performance per-nota, MTS-ESP per architetture microtonali personalizzate, spatializzazione multicanale reale — senza snaturare la logica di fondo: un synth come ambiente di esplorazione, più che come generatore prevedibile.