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Il superclub Rainbow Venues di Birmingham è prossimo alla chiusura definitiva dopo la revoca della licenza per “motivi di pubblica sicurezza” a seguito della morte per abuso di sostanze stupefacenti di uno studente di diciannove anni all’interno del club.

In occasione della festa di Halloween, lo scorso 29 ottobre, Michael Trueman dopo aver assunto MDMA ha iniziato a dare segni di disorientamento; trasportato d’urgenza nel più vicino ospedale, è deceduto il giorno successivo.

La circostanza che ha portato al provvedimento da parte delle autorità locali è aggravata dal fatto che si tratta del secondo caso in due anni. Analogo fatto si era verificato, infatti, nel 2015, quando un ragazzo di 18 anni è morto dopo aver consumato ecstasy all’interno dei locali del Rainbow in occasione del party di capodanno.

Sulla vicenda il portavoce della polizia del West Midlands ha dichiarato che “ci sono circa 3.000 locali autorizzati a Birmingham e il Rainbow è l’unico club dove sono state registrati decessi legati al consumo di droghe. Nonostante le disposizioni in materia siano le più stringenti, le droghe continuano a circolare e ad essere consumate all’interno del club; non abbiamo alternative alla revoca della licenza”.

Da quanto si è appreso dai media locali, le autorità starebbero indagando anche sulla presenza di un minorenne all’interno della venue (le cui prove sarebbero state acquisite attraverso Snapchat) nonostante l’espresso divieto di accesso ai non maggiorenni; tale avvenimento è stato subito smentito dai legali del Rainbow; quest’ultimi in merito al caso di decesso di pochi giorni fa hanno commentato che “nonostante le misure sempre più stringenti” quali telecamere a circuito chiuso, cani antidroga e controlli a campione, “alcuni clienti utilizzano espedienti di ogni genere per introdurre stupefacenti nel club, tra i quali inserire compresse nelle chiavi delle auto e anche nelle proprie parti intime”.

Più in generale, sull’impegno a favore della prevenzione da parte del Rainbow, gli avvocati hanno dichiarato che “è impossibile garantire che nessuna droga riesca ad entrare nel locale”.

Sulle polemiche in corso è intervenuto anche il rappresentante legale del Rainbow, Matthew Phipps, il quale ha espressamente negato la presenza del quindicenne all’interno del club e ha dichiarato che il Rainbow Venues ha proposto al City Council di Birmingham un ulteriore inasprimento delle misure di sicurezza già adottate, compresa l’installazione di telecamere nelle toilettes, come alternativa alla revoca permanente della licenza.

Il Rainbow Venues, che si articola in 11 differenti spazi, è uno dei più importanti music hub del Regno Unito. Secondo un tweet postato live durante l’udienza di convalida della revoca, si è appreso che il team che gestisce il locale avrebbe a disposizione 21 giorni per appellarsi alle decisione; non è chiaro se gli eventi già schedulati saranno cancellati o spostati in altre location.

La vicenda ricorda quanto accaduto nell’estate del 2016 a Londra quando al Fabric venne revocata in via permanente la licenza dopo la morte di due ragazzi per le conseguenze legate all’abuso di droghe.

La decisione dell’Islington Council, che destò non poche polemiche, non fu rivista nonostante  un vasto movimento a difesa del club, sostenuto da addetti ai lavori, clubber e appassionati, ma anche da esponenti della cultura londinese, oltre ad alcune personalità delle istituzioni, tra i quali lo stesso Sindaco di Londra Sadiq Khan.

Tuttavia, grazie anche ad una petizione promossa su change.org e alla campagna di sensibilizzazione e fundraising rilanciata attraverso i social con il tag #saveourculture, i legali del Fabric hanno elaborato un documento di 155 pagine con 32 clausole specifiche volte a riottenere la licenza.

Lo scorso 23 novembre l’Islington Council ha dichiarato di accettare le proposte del Fabric, in particolare l’impegno a vietare l’accesso ai minori di 19 anni e ad inibire l’ingresso a vita a chiunque sia sorpreso a vendere o comprare droga all’interno del locale; inoltre saranno implementate le telecamere di sicurezza a circuito chiuso e verranno adottati scanner per i documenti d’identità, oltre alla decisione di affidare la sorveglianza ad alcuni professionisti tra i quali l’ex ispettore capo della Metropolitan Police.

Fabrizio Montini Trotti