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Ci sono riflessioni che necessitano di essere scritte di getto; è necessario che la rabbia e l’indignazione per l’ennesima figuraccia italiana agli occhi della scena elettronica mondiale non venga offuscata dal tempo e dalla speranza che certi episodi non si ripetano. Un paio di anni fa gli occhiali da sole addosso a Jeff Mills, quest’estate il tragico accoltellamento di un ragazzo all’Old River Park, oltre a tanti altri casi di malcostume di risonanza mediatica minore.

L’ultimo caso, Sabato scorso (ci teniamo a precisare che non è dipeso dall’organizzazione dell’evento, ma dalla maleducazione del singolo e questo articolo è stato pubblicato proprio per questo motivo): Steffi si scusa il giorno seguente su Facebook con il suo pubblico per non aver eseguito una performance all’altezza del suo nome. La causa? Qualcuno che si divertiva, pare, a lanciarle drink addosso da dietro la consolle.

dear rome,i am sorry i wasnt able to give my best set yesterday. some people behind me thought it was a funny idea to…

Posted by Steffi on Domenica 11 ottobre 2015

La dj olandese, fin troppo gentile, ci tiene a chiarire che il problema sono i singoli e non il Paese o la Nazione; i dati però evidenziano una tendenza tutta italiana al vedere il club come uno spazio scevro da qualsivoglia regola di buon senso dove fregarsene di chi si ha attorno, anche se si tratta del dj. Se perseverare è diabolico, quindi, credo che nella scena italiana sia il momento di prendersi una pausa di riflessione utile a chiarire quali sono gli epicentri del problema. Questa è la nostra:

La tradizione del “se paghi di più, o sei amico di qualcuno, o porti gente, ti faccio mettere dietro al dj”: deve essere debellata. Si tratta di una pratica imbarazzante, certe discriminazioni di carattere sociale ed economico devono essere tenute alla larga dai club, e se proprio vogliamo posizionare chi paga di più in un luogo privilegiato all’interno della venue, che almeno questo non crei situazioni di disagio per il dj e per chi frequenta il locale in generale; tanto più se chi sta dietro al dj è così imbecille da arrivare a lanciare drinks addoso a quest’ultimo. Quante volte, inoltre, ci è toccato assistere a serate dove amici di amici sistemati dietro il dj erano impegnati a sfoggiare l’abito nuovo, o il bottiglione di Belvedere, o a fare continuamente foto e video (azione non del tutto malvagia in sé, se non fosse che ovviamente detti video finiscono direttamente su Facebook con l’unico scopo di rivendicare la posizione di “persona importante che può permettersi di stare dietro al dj?

Più controllo dentro il locale. Cosa credete, non è bello per nessuno vedersi passare continuamente davanti agli occhi buttafuori e addetti alla sorveglianza, ma si tratta di un azione necessaria (e, ci auguriamo, temporanea) se non si vogliono rimediare altre figuracce di carattere internazionale come questa e, in generale, se si vogliono rendere le serate all’interno del club più vivibili. L’alternativa è la selezione all’ingresso alla ‘berlinese’, opzione particolarmente inefficace per un motivo piuttosto ovvio: nessuno ha scritto “idiota” in fronte, ergo la probabilità di prendere granchi (ovvero di lasciare alla porta gente a posto o, viceversa, di lasciar entrare teste di cazzo) è tremendamente alta. In base a quali criteri verrebbe operata tale selezione? Vestiti? Faccia da casinista? Nazionalità? Se si è maschio o femmina, da soli o in gruppo? Tutti fattori che garantirebbero tutt’al più un appiattimento della tipologia di clientela, ma sicuramente non una soluzione efficace al problema di cui stiamo parlando.

PLUR, trasmettere i valori della cultura underground. Inutile girarci intorno, la scena tech-housettara sta avendo una presa fortissima sui giovani di oggi. Spesso a seguirla sono ragazzi appena usciti dalla fase EDM-caciarona (ci siamo passati tutti, più o meno) che stanno muovendo i primi passi nell’underground (termine abusato, sì) e che possono essere portati a pensare che nel club viga la regola del più casinista o del più forte. Chi è dentro la scena sa che non è così, e dato che i media più influenti preferiscono puntare il dito e creare scandalo piuttosto che informare ed educare (per farvi un’idea di come siamo visti, provate a digitare “clubbers” su Google immagini e guardate cosa viene fuori), questo ruolo tocca a noi. Senza stare a tirare fuori termini di derivazione vagamente hippie della serie “una grande famiglia, famo l’amore, volemose bene”, è importante che la scena underground dance-elettronica si senta veramente… una scena: degna di nota, quindi, con delle caratteristiche, con dei pregi e dei difetti e soprattutto con dei valori che devono essere rispolverati e gridati con forza e che possano garantire l’ autosostentamento nel tempo. E’ facile.

Andrea Nerla