A cinque anni di distanza da “I Talk to Water”, Kölsch ritorna con KINEMA, un album che si propone come punto di snodo nella sua discografia, segnando un’evoluzione strutturale e metodologica del suo approccio compositivo.
Pubblicato da Kompakt, “KINEMA” non è solo un disco, ma un manifesto d’intenti: una dichiarazione di poetica sonora che mira a ricalibrare il rapporto tra organicità, performance dal vivo e scrittura elettronica.
Fin dal primo ascolto, è evidente come Kölsch abbia voluto esplorare nuovi territori timbrici e dinamici, pur mantenendo la propria firma melodica inconfondibile.
Il titolo stesso, dal greco kínēma (“movimento”), non è scelto a caso: è un concetto chiave che attraversa ogni traccia, tanto a livello ritmico quanto narrativo, incarnando una continuità fluida tra club culture e linguaggio cinematografico.
“KINEMA” è progettato in modo quasi modulare: ogni brano funziona autonomamente, ma è chiaramente scritto per essere integrato nella dimensione live del nuovo show Kölsch and the Machine, che esordirà all’Amsterdam Dance Event. La produzione è dichiaratamente analogica e si percepisce: l’interazione con i sistemi modulari, i sequencer hardware e i synth semi-modulari offre un’immediatezza sonora che mancava nei lavori precedenti. L’uso di imperfezioni microtimbriche (delay non quantizzati, pitch drift controllato, rumore armonico) dona una tridimensionalità quasi tattile.
Track-by-track
“Waste My Time“(feat. Camelphat) apre il disco con un’impostazione riduttiva: kick in 4/4 appena scolpito, synth ariosi, e un layering ritmico che richiama certa IDM minimalista. È un’introduzione volutamente contenuta, più introspettiva che funzionale alla pista.
Segue ‘Nacht & Träume’, che mescola riferimenti colti (Schubert) con una progressione armonica diatonica in modalità lidia, sovrapponendo pad eterei a un beat incalzante. Una scrittura che ricorda alcune escursioni atmosferiche di Dominik Eulberg, ma con un approccio più diretto.
La title track ‘KINEMA’ è il vero baricentro ritmico del disco: qui Kölsch mostra pienamente la padronanza della forma club. Il groove è costruito su un pattern sincopato di percussioni metalliche e una linea di basso filtrata in movimento ciclico (modulazione LFO in band-pass). È una traccia dritta, ma mai piatta: ogni elemento evolve costantemente, in un continuum dinamico.
‘Home’ e ‘All That Matters’ spostano il baricentro verso un registro più emotivo. Il secondo, realizzato con Symphony of Unity, rischia però di oltrepassare il limite dell’enfasi, con archi che a tratti sfiorano il pathos da colonna sonora mainstream.È
È un passaggio interessante, ma che potrebbe apparire forzato a chi cerca l’essenzialità della techno d’autore.Più riuscita, invece, ‘All The Words’: un minimalismo armonico che strizza l’occhio all’ambient techno berlinese anni ‘90, con synth granulari e una voce filtrata che si muove su registri diatonici con accenti modali.
Il ritorno alla pista avviene con ‘All Week’, già noto come singolo: kick asciutto, hi-hat incalzante, e una lead FM che si muove in glissato per tutta la durata. È uno dei pezzi più efficaci in termini di club usability, anche se meno originale sul piano compositivo. ‘Sad Makes Me Happy’ (feat. Bonn) è un crossover tra deep house e synth pop: qui Kölsch mette a frutto la sua esperienza nel remixing (si veda “Hollow”!di Artbat & Morten), ma il brano soffre di una certa prevedibilità melodica e di un’eccessiva linearità.
In chiusura, ‘SMILE’ e ‘Hands of Mine’ funzionano come epilogo: il primo con una costruzione progressiva da set mattutino, l’altro come vera coda intimista. In particolare, Hands of Mine introduce una chitarra acustica e una voce quasi sussurrata, che stridono ma intrigano nel contesto techno — un azzardo che dimostra il desiderio di estendere i confini stilistici.

KINEMA è senza dubbio il lavoro più ambizioso di Kölsch dagli esordi: è tecnicamente raffinato, concettualmente coerente, e costruito per funzionare sia in ascolto che nella dimensione performativa del live show.La forza dell’album risiede nella sua produzione analogica, nella costruzione ritmica sempre curata e nella capacità di creare ambienti sonori evocativi.
