Ricardo Villalobos e Mohammad Reza Mortazavi si incontrano in uno spazio sonoro dove il genere smette di essere un confine: è un pretesto per oltrepassarlo.
Ricardo Villalobos è tra i pionieri della minimal techno e della micro house. Nato in Cile e cresciuto in Germania, porta con sé la tensione di una diaspora ed è riuscito nel corso della sua lunga carriera, a costruire un ponte tra diverse culture, esprimendo nei suoi lavori più famosi, da “Alcachofa” a “Dependent and Happy“, il suo stile percussivo e identitario.
Mortazavi, al contrario, parte dalla tradizione: il tombak e il daf, strumenti persiani antichi, diventano centrali nella costruzione di uno stile originale e contemporaneo. Come dichiara lui stesso, “Everything around us is endowed with rhythm”: il suono non è separato dal mondo, ma genera corposità.
Chiamarla “musica elettronica” o “tradizionale” non basta. Qui siamo altrove. In un territorio dove i generi si sfaldano e generano possibilità ed elementi ancora non totalmente esplorati. Il nuovo lavoro di Villalobos, in uscita il 9 dicembre, prende la traccia “Swamp” di Mortazavi presente nell’ ultimo album di quest’anno “Nexus” e la rielabora in una dimensione fuori dall’ ordinario.
Venticinque minuti di musica che si presenta come un viaggio ipnotico che dilata il tempo e crea una connessione profonda tra chi suona e chi ascolta.
Non si tratta di remixare ma di costruire un legame autentico, incrociando mondi apparentemente distinti. La loro è una conversazione senza lingua, fatta di micro cambiamenti, sottrazioni, spostamenti impercettibili. La ripetizione non diventa monotonia, ma paesaggio: un territorio condiviso, fragile e prezioso.
Quando la traccia termina, resta l’impressione di aver attraversato uno spazio più grande di noi, un universo di ritmo e silenzio dove l’esperienza sonora si fa esperienza del mondo. È qui che risiede la magia , nell’incontro tra due artisti, capaci di unire due visioni distanti in un’ idea condivisa e che sfida le omologazioni culturali.
Chiara Rau
