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Ok, Juan Atkins in questo periodo non le azzecca proprio tutte (vedi il suo ultimo LP in collaborazione con Moritz von Oswald, Borderland, passato sostanzialmente inosservato agli occhi di critici e fans, e questo sicuramente non rientra nella normalità degli eventi quando vengono tirati in ballo nomi di questo calibro), ma ogni parola che esce dalla bocca di un’ icona musicale che ha passato buona parte dei suoi 52 anni di vita dedito prima a fondare, e poi a portare avanti un genere così importante, anche culturalmente, come la techno, è per noi estremamente importante ed educativa.

Vi siete mai chiesti da cosa deriva un genere come la techno, così diverso da tutto ciò che c’era prima? Chi meglio di Atkins “The Creator” può spiegarcelo? Se nelle prime composizioni house i richiami disco, funky e synth-pop sono evidenti, le origini del sound techno invece sono un po’ più nascoste, e sono da ricercare, a detta dello stesso Atkins in un’ intervista rilasciata per La Stampa, nei Kraftwerk, più precisamente nel loro Trans Europe Express. Ma ovviamente i Kraftwerk non sono da annoverare tra le uniche influenze di Atkins, che parlando degli artisti che più gli interessavano negli anni ’80 ha dichiarato “Allora ascoltavo molto gli Ultravox di Midge Ure, Steve Strange, i Visage. Non li ho mai incontrati ma i loro suoni mi hanno influenzato”.

E quando c’è da parlare delle pieghe che sta prendendo la musica elettronica contemporanea, Atkins non risparmia le critiche, in particolare alla famigerata EDM «Non mi sorprende quanto sia diventata comune, penso anzi che l’evoluzione della musica verso l’elettronica sia inevitabile. Ma sotto l’etichetta EDM oggi ci sono anche cose un po’ da circo, molto banali, non sempre mi piace quello che sento», un punto di vista abbastanza differente rispetto a quello di un altro “intoccabile”, Jeff Mills, di cui abbiamo riassunto in questo articolo le riflessioni riguardo alla EDM.

Atkins torna poi con la mente al passato, stimolato da alcuni classici del re della disco Giorgio Moroder, concludendo con un consiglio forse un po’ scontato all’ apparenza, ma che, riflettendoci un attimo, potrebbe far parte a pieno titolo di un fantomatico regolamento del buon producer, in quanto troppo spesso, soprattutto i più giovani ed acerbi, tendono a dimenticarsene «Ero a un set di Giorgio Moroder – racconta Atkins – e mi sono commosso fino alle lacrime per le sue canzoni, sono capolavori ancora oggi. Bisogna sempre conoscere le radici per capire in che direzione va il futuro» .

L’ intervista di Atkins si conclude spiegando quello che per lui è stato lo strumento che ha portato il cambiamento più significativo nel mondo della musica elettronica, e no, non è il computer, come un novello producer probabilmente sarebbe portato a pensare (vedi sopra) «Il cambiamento più significativo è stato introdotto dal campionatore digitale: puoi prendere pezzi di suoni, scomporli e ricomporli e inventare qualcosa di nuovo con il calore e la passione di chi è venuto prima di te».

 Andrea Nerla