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Resident dei Corsica Studios, volto di punta del Kode_1, affiliato al roster Opus: quella di Lock Eyes è una delle storie più convincenti che potremmo selezionare tra il prolifico panorama tricolore. Oggi, racconteremo a nostre parole del suo debutto tra la discografia Lobster – un battesimo segnato tra TR, riverberi e profondità azzurre…

No, non fraintendiamoci. È solo un fortunato caso se quel richiamo fondo-oceanico cui fatto riferimento in titolo ben potrebbe alludere, metaforicamente parlando, al tipico habitat del  crostaceo le cui carni fanno tanto gola e da cui la label stessa prende nome. Solo questione di coincidenza dunque, o forse no?
Per il momento, lasciamo da parte astici e theremin e approfittiamone per concentrarci solo su quel rimando sottomarino su cui poggeranno buona parte delle considerazioni: tutti noi abbiamo certamente familiarità con il progetto Drexciya, giusto? Certo che si. Bene.
Qual era quella mistica peculiarità che ha contraddistinto l’intera discografia del duo praticamente dalla sua genesi? A questa domanda, potreste rispondere con facilità anche qualora non foste a conoscenza né della trasposizione mitologica dello stesso Mito di Drexciya, e né non vi foste mai fermati a riflettere sulla simbologia attorno al logo adottato. In un articolo di qualche tempo fa (nello specifico: Clone Records resuscita “Grava 4”, l’ultimo album dei Drexciya) avemmo già modo di investire il nostro tempo nella stesura di alcuni informazioni molto esaustive sul caso.

Secondo antichi credi Afro-Americani, Drexciya era il nome di un mondo ormai perduto e celato tra le più oscure profondità dell’Oceano Atlantico. Questa leggendaria terra sub-marina era abitata da anfibi antropomorfi, simili ai tritoni raccontati dalla mitologia greca [ecco spiegata la ricorrenza di quell’immagine iconografica così suggestiva]. I figli “mai nati” delle donne di colore, morti quando ancora nel grembo delle madri date in pasto alle fredde acque oceaniche durante quegli episodi passati alla storia dell’umanità come “le tratte transatlantiche degli schiavi”. 

Ma perché scomodare la decennale attività di Gerald e James (RIP) proprio in questa occasione e dov’è il nesso che congiunge entrambi i profili? A questo punto, sembra evidente che tal sorta di collante è proprio quanto formalizzato già in titolo. Il giovanissimo producer pugliese è stato capace di operare una pregevolissima capitalizzazione al presente del patrimonio detroitiano schivando sapientemente quelli che sarebbero stati i rischi più quotati: tutti quelli che potremmo relegare sotto la categoria di un’asettica omogenizzazione; un’omogenizzazione a sé stesso, un’omogenizzazione a quella che potrebbe esser stata la tradizione di riferimento, anche se inconsapevolmente.
“First Sight” è un EP che nel complesso inneggia ai canoni di una piacevolissima forgiatura; quattro tracks, due per lato, capaci di raccontare allo stesso tempo una trama House, una Techno e una più Electronica. Rispetto al suo primo lavoro, “Arise”, pubblicato l’anno scorso da In My Dreams, Lock Eyes ha dato piena impressione in questa prova di voler ancor più amplificare il lavoro già intrapreso: First Sight sembrebbe infatti quasi un Arise elevato alla seconda, per carattere, per suoni, per suggestioni, per melodie e per strumentali – TR, riverberi, casse e rullanti, arpeggi e complessità orchestrali sono assolutamente più incalzanti e concitate; una cavalleria tutta marina che segue l’onda di una composizione tanto fluida e smussata quanto irrefrenabile come il muoversi di un’onda.
È la componente analogica electro-acid che, amalgamata a quella profondissima influenza house, fa della firma Lock Eyes una delle migliori proposte emergenti mai passateci per l’ascolto.
“At Corsica”, track di apertura dell’EP, fissa immediatamente i toni, già dalle prime battute emerge quell’inconfondibile simbologia elencata fino questo momento; “Febbre” da percorso al tracciato immediatamente solcato con l’aggiunta di quel venire a galla di un tratto molto acidone che accompagnerà l’ascolto fino a conclusione e senza mai risultare alienante, ripetitivo e/o monotono. “Gone” e “In The Courtyard” è dove si percepisce tutto il peso della retroguardia; lato personalmente preferito da chi tutt’ora sta battendo queste parole, la facciata B è il punto di culmine che garantisce ad ogni divergenza fino adesso illustrata: corazza, energizzazione e assoluta identità. Se aveste modo di prestare un ascolto conseguenziale sia ad Arise che a First Sight, vi accorgereste della bellissima logica che trova innesto, un’indagine a spirale che, proprio come l’operare di una spedizioni subacquea, progredisce per sezioni e livelli esaltando contestualmente la bellezza e le caratteristiche di ciascuno di questi.

Lock Eyes vedrà pubblicato il suo EP il 15 Settembre.
Nel frattempo, eccovi una piccola anticipazione.