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Nel lontano 2006, Andrea Benedetti pubblicò “Mondo Techno”: un libro che da lì a poco sarebbe diventato un vero e proprio punto di riferimento per la scena.

Dal 25 maggio scorso, “Mondo Techno” è tornato prepotentemente nelle librerie, pubblicato da Stampa Alternativa e ri-editato completamente da Christian Zingales, uno dei giornalisti musicali italiani più competenti in circolazione. Per l’occasione, abbiamo voluto incontrare Andrea Benedetti, per scambiare quattro chiacchiere con lui e farci raccontare il suo “Mondo Techno“.

Ciao Andrea, è un vero piacere per noi ospitarti su Parkett. Quando siamo venuti in contatto con il tuo nuovo libro, “Mondo Techno” ci siamo subito sfregati le mani, un po’ come fanno i bambini davanti ai dolciumi. Cosa rappresenta per te questo libro? Può essere considerato parte integrante del tuo percorso artistico?

Il libro è stato prima di tutto un evento inaspettato e non cercato che si è materializzato grazie ad Alberto Castelli. Lui era il direttore artistico di Radio Centro Suono, una radio romana che fu la prima a dare voce alla techno ed ai rave nel 1990 grazie al programma che faceva Luca Cucchetti. Nel 2006 era direttore di una collana di libri di Stampa Alternativa che si chiamava Sconcerto e mi chiamò per sapere se ero interessato a fare un libro sulla techno. Discutemmo un po’ di dettagli e alla fine sono partito in questo viaggio che è stato soprattutto il mio tentativo di colmare un vuoto informativo sulla techno a livello editoriale e per dare un senso a tutte le interviste che avevo raccolto negli anni con artisti techno di Detroit ed europei che avevo usato per la mia fanzine Tunnel e per altre due riviste per cui ho scritto, Orbeat e Superfly. In questo senso è stato sicuramente parte integrante del mio percorso di ricerca su una musica che amo, ma non mi sento né un giornalista, né uno scrittore, anche perché non lo faccio a tempo pieno. Cerco di raccontare delle storie quando posso, come quando faccio con i miei dj set o nei programmi radio.

Il “viaggio”, inteso come processo di arricchimento culturale e artistico, è una delle tematiche ricorrenti nel tuo libro. In che modo bisogna applicarlo alla musica e, in particolare, alla musica techno?

Il viaggio è parte integrante del mio modo di intendere la vita. E’ la curiosità. E’ tutto quello che ci porta fuori da noi e dal nostro mondo interiore che spesso può essere autolimitante. E’ grazie a questa ricerca che scopriamo idee, musica, persone che possono cambiarci la vita o anche solo a rivedere le nostre stesse idee da un altro punto di vista. Io sono partito dall’amore per il funk, la musica dance e l’elettronica e sono arrivato alla techno anche grazie a questa voglia di viaggio/curiosità ed ho trovato la quadratura del cerchio. La techno è di per sé un viaggio proprio per questa sua origine meticciata che attinge tanto da cultura musicale bianca che nera per cui, partendo anche a ritroso dalla techno alle sue origini, si possono fare viaggi musicali e culturali senza fine. Basta avere curiosità e voglia perché, rispetto al passato, oggi con internet possiamo veramente trovare tantissime informazioni. Magari ad averle avute quando ho iniziato.

Da veterano, hai assistito a continui cambiamenti della scena in questi decenni. Verso che direzione stiamo andando? E, soprattutto, che approccio dovremmo avere verso i nuovi trend?

Quello che sto notando in questi ultimi anni nella scena techno è che lo spirito eclettico di cui parlavo prima si è un po’ perso e ognuno sta più aderendo alla sua tradizione culturale e musicale. Per cui artisti come Kyle Hall, Theo Parrish o gli UR stessi rielaborano sempre più soul e funk, mentre dall’altra parte artisti come Function, Silent Servant o British Murder Boys stanno facendo la stessa cosa con industrial e wave. Ovviamente è tutto all’interno dell’elettronica, ma la techno originaria era proprio annullamento delle differenze razziali (Juan Atkins scelse lo pseudonimo Model 500 proprio per questo) e quando compravi un disco di Detroit o di Manchester, non sapevi se fosse stato fatto da bianchi o da neri. Non ti ponevi proprio la domanda. Un po’ come avveniva con etichette come la Factory negli anni ’80 o nella scena electro iniziale. La techno era musica universale e senza steccati e per questo mi piaceva, aldilà della bellezza delle singole tracce. Ora questo si è un po’ perso e mi dispiace. Non limitandoci alla techno però, la situazione è molto diversa, vista la grande diffusione di elettronica nella musica popolare e ci sono artisti che in effetti rieditano (e a volte demoliscono) stili e culture tipo SOPHIE o Nicholas Jaar. Ma non è il genere che amo seguire, perlomeno non a tempo pieno. Il tempo che ho lo dedico soprattutto a sentire nuovi artisti techno, electro e funk e quindi accuso di più questa fase di stallo, che però nell’electro vedo meno. Mi sembra ci sia più apertura mentale e voglia di creare una musica che rappresenti i nostri giorni e anche il futuro.

Andrea Benedetti

Rispetto a questo scenario, dove posizioneresti l’Italia?

Rispetto a quando ho iniziato ci sono ovviamente tantissimi artisti in più e tutti con stili molto diversi. Alcuni hanno avuto anche un riconoscimento internazionale in vari generi per cui diciamo che ci siamo messi sulla mappa, anche se non in maniera così presente come altre nazioni storiche come USA, Germania o Inghilterra.

Da qualche anno si parla spesso di crisi, economica e dei valori. Credi che questa fase negativa si sia palesata anche sulla pista da ballo e nel mondo della notte in generale?

Forse ci siamo tutti abituati troppo a quello che abbiamo. Ormai andare a ballare è abbastanza normale. Tanti ragazzi e ragazze fanno serata e non lo fanno solo in Italia. Grazie ai low cost girano l’Europa e vedono come funzionano le cose all’estero. C’è più conoscenza musicale che in passato, ma siamo più indietro come consapevolezza semplicemente perché abbiamo iniziato più tardi rispetto a nazioni come Germania e Inghilterra (ma anche Francia e Spagna). La nostra storia musicale è diversa e il concetto della musica da ballo resta molto legata al club o al rave/festival più che a musica da sentire anche fuori da quei contesti. Ovviamente vedere cose diverse in altre nazioni ha fatto cambiare questa mentalità a molti da noi e questo è molto positivo sia in termini di valori generali che di consapevolezza musicale. Spero migliori sempre di più, come spero molto nei giovani per cambiare lo status quo e mettere al centro valori come il rispetto e la passione. C’è molto da lavorare però e ci vuole molta volontà nel farlo.

A chi è rivolto in particolare questo libro? Alle nuove generazioni, per permettere loro di costruire una solida cultura sull’argomento, o ai più “navigati”, per non fargli dimenticare ciò che è stato e ciò che potrebbe ripetersi?

Credo che il mio sia un libro per tutti. E’ molto semplice da leggere e scorrevole. Ho volutamente eliminato quasi ogni forma di ‘stile’ per attenermi ai fatti che ovviamente sono predominanti nella prima parte dedicata a Detroit, mentre nella seconda parlo dell’Italia riportando la mia esperienza affiancata da ricerche ed interviste ai protagonisti della scena. Ho centrato tutto sulla musica e sul suo rapporto con la società ed i cambiamenti in atto, mettendo in secondo piano le serate o la storia dei rave, sia per motivi di spazio che di progetto editoriale: doveva essere un libro sulla storia della musica techno dalle sue origini a Detroit fino alla diffusione nel nostro paese e questo è stato. Sono molto contento di aver coinvolto in questa riedizione Christian Zingales che è un amico di lungo corso. Ci conosciamo dal 1993 al Link di Bologna e abbiamo fatto discussioni infinite con Marco Passarani sulla techno. Ha scritto anche lui un libro sulla techno che era una raccolta preziosissima di biografie di tantissimi artisti techno ed era l’unica persona a cui avrei affidato una revisione del mio libro. Poi questa idea del remix testuale che ho avuto lo ha ancora più convinto del progetto. Così come Claudia Attimonelli, una sociologa dell’Università di Bari che ha scritto l’unico altro libro sulla techno da un’ottica più accademica con le sue relazioni con l’afrofuturismo e il corpo, trovare un accordo per scrivere la postfazione al libro è stato istantaneo. Volevamo collaborare da anni e ci siamo riusciti. Credo che con loro due, il libro sia finalmente meno mio, che non sono uno scrittore in senso lato, ma un po’ di tutti quelli che amano questo genere, ex-raver, clubber, intellettuali, utopisti o semplici amanti della musica.

Nella prefazione di “Mondo Techno” curata da te, leggiamo testualmente “Io e Marco Passarani abbiamo pagato un kebab inquietante a Montesacro a Kevin Saunderson per farlo parlare di KMS, auto e techno dopo un suo live pazzesco al Brancaleone”: raccontaci qualche aneddoto che ti è capitato in questo anno di lavoro, durante la stesura del tuo lavoro.

Uno degli aneddoti più strani è legato all’intervista a Rik Davies ovvero Cybotron che intervistai in periodi pre-Facebook. Fu difficilissimo scovarlo, ma dal suo sito sono riuscito ad entrare in un gruppo Yahoo che aveva creato in cui si discuteva soprattutto di Bibbia e misticismo. Ho seguito per settimane il gruppo, sorbendomi inquietanti tesi di numerologia e disquisizioni sulla fine del mondo. Poi ho avuto lentamente la sua fiducia e mi ha concesso un’intervista per Superfly, una delle pochissime rilasciate da lui nel corso della sua carriera.

Ci hai incuriositi: chi volesse acquistare “Mondo Techno”, cosa deve fare?

Sicuramente in molte librerie sparse in Italia. E’ importante supportare le librerie perché restano uno degli ultimi luoghi di scambio culturale e di rapporto con un prodotto fisico meraviglioso come il libro. Poi ovviamente dal sito di Stampa Alternativa per supportare direttamente la casa editrice e direttamente in una delle presentazioni che farò da settembre in poi in giro per l’Italia le cui date verranno comunicate su Facebook, sia sulla mia pagina che quella di Stampa Alternativa.

Prossimi progetti? Magari novità provenienti dalla radio…

Da gennaio scorso ho iniziato su U-FM un programma radio ogni domenica sera dalle 23,00 alle 00,00 in cui propongo tracce storiche di techno, house, electro, electrofunk, freestyle e tutti quelli stili fondativi del suono che ci circonda oggi. il programma si chiama “Back To The Beat” ed è stato ideato da Alex Paletta e Andrea Prezioso che da gennaio 2018 mi hanno appunto chiamato a gestirlo. Ci tengo molto perché oltre ad essere un modo per proporre la musica che ha influenzato i miei gusti musicali, grazie alla pagina Mixcloud dove si possono trovare tutte le puntate in streaming e con la tracklist, diventa una sorta di mega compilation sempre consultabile e da dove partire per fare le proprie ricerche. Da settembre poi partirò con un altro programma dove invece proporrò live e dj set di artisti da tutto il mondo in ambito soprattutto techno ed electro, ma in generale che sappiano dare un senso sul presente ed futuro della musica elettronica moderna. Il programma si chiamerà “Future shock” e ho già confermati artisti come Vladimir Ivkovic, Marco Passarani, D’Arcangelo, Leo Anibaldi, Federico Leocata, Cybereign, BPMF, Alessandro Parisi, Healing Force Project, passEnger, Abyssy, Deep 88, Nomadico (UR), Dj Say, Paolo Zerletti, Heinrich Dressel, Teslasonic, Jauzas The Shining, Teslasonic, Victoria Lukas e molti altri in fase di conferma.