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In collegamento dalla sua casa in Inghilterra Brian Eno si racconta e ci presenta ‘Brian Eno x Trentino’, progetto audio-visivo che coinvolgerà la città di Trento questa estate.

Siamo stati invitati alla video-conferenza stampa di presentazione del progetto Brian Eno x Trentino che coinvolgerà, in un mix suggestivo di colori e luci, due dei luoghi simbolo della città di Trento.

Ma non è mancato lo spazio per condividere anche delle belle riflessioni, certamente sulla musica e sull’arte, ma anche sulla vita e sulla natura, da parte di Brian Eno, che, trasportato da un vivo ambientalismo, non ha risparmiato critiche alle grandi multinazionali [in calce all’articolo, ndr].

Brian Eno

«Quindici anni fa avevo piantato moltissimi alberi, 6000 circa. Alcuni sono diventati enormi, arrivano addirittura ad un’altezza di 15 metri. Allora mi sono detto: “se adesso piantassi di nuovo degli alberi riuscirei, prima di morire, a vedere un altro bosco?” Quello che voglio dire è che sto cominciando a cronometrare la mia vita in relazione a quanti altri boschi posso piantare.»

Le Opere di Brian Eno

Il progetto essenzialmente consiste in due istallazioni audio-visive in altrettanti castelli storici trentini.

Il duecentesco Castello del Buoncosiglio dal 19 agosto al 6 novembre 2022, con i suoi magnifici giardini, sarà sede di ‘Audio Installation for Buoncosiglio’, un’installazione audio and site-specific che si compone di opere concepite e realizzate sulla base degli spazi che le ospiteranno per creare un flusso dinamico di suoni. Installate in punti nodali del castello e in essi integrate, queste opere di musica generativa dialogheranno con gli ambienti circostanti e accompagneranno i visitatori attraverso un percorso che, sovrapposto a quello espositivo museale, offrirà un’esperienza d’ascolto sinestetica, unica e irripetibile.

Brian Eno

«Magari può accadere quando si assumono delle droghe, o quando si fa tanto sesso o anche le esperienze di misticismo religioso. Queste possono essere esperienze di abbandono ma non altre, ecco, questo io voglio raggiungere con l’arte.»

Se il Castello del Buonconsiglio sarà sede di installazioni sonore, Castel Beseno sarà teatro di una spettacolare installazione audiovisiva su larga scala: ’77 Million Paintings for Beseno’, visitabile sempre dal 19 agosto fino al 10 settembre 2022.  Le maestose mura di Castel Beseno saranno come la “tela” su cui animare le infinite combinazioni visive della sua opera più celebre.

Concepito come “musica visuale”, 77 Million Paintings nasce dalla costante ricerca di Brian Eno sulla luce come mezzo artistico e dal suo desiderio di esplorare le nuove possibilità estetiche offerte dalla tecnologia: sovrapponendo in ordine casuale i layer di 400 dipinti realizzati dallo stesso Eno, un software genera 77 milioni di combinazioni senza mai ripetersi. Sincronizzato con l’opera visiva in movimento, prende vita un tappeto sonoro unico e irripetibile, tale che nessun suono sarà udibile una seconda volta.

Brian Eno

 

vedi anche:Turntable – la nuova opera d’arte di Brian Eno

I Pensieri di Brian Eno

Quando incontri personalità come Brian Peter George St. John le Baptiste de la Salle Eno, compositore, artista visivo, attivista e icona della musica, fondatore dei Roxy Music, che ha prodotto i Talking Heads, i Devo, Nico, gli U2, Marianne Faithfull e suonato con David Bowie, David Byrne, John Cale, Grace Jones, Karl Hyde, ideatore della musica d’ambiente, pensi che forse un po’ su quel piedistallo, come molti artisti fanno mettendo al rogo l’umiltà, anche se non hanno né arte né parte, ci si siederà. Se lo potrebbe anche permettere visto il suo contributo all’arte mondiale, ma non è così, anzi. La cosa che più ci ha stupito è la sua gentilezza, la sua cortesia e il suo modo di fare affabile.

«Quando faccio musica, cerco un luogo per poter accedere al mio spirito, come in una sorta di meditazione […] Si tratta senza dubbio di musica sartoriale per la mia mente, ma mi auguro sia in grado di arrivare anche agli altri.»

Per questioni di tempo e connessione, eravamo circa 40 giornalisti collegati via Zoom, non è stato possibile fare delle domande dirette ma ne abbiamo concordate alcune in precedenza cui Brian Eno, con molta disponibilità, ha risposto, premettendo di voler a tutti costi imparare l’italiano.

Un uomo che è avanti anni luce.

Earth/Percent – il progetto di Brian Eno

Brian ha parlato anche di Earth/Percent, un’organizzazione di beneficienza fondata proprio da Brian Eno che si occupa di individuare e supportare, con donazioni che arrivano dal mondo della musica, le migliori associazioni che affrontano l’emergenza climatica. Quindi Earth/Percent svolge una doppia funzione, da una parte attira questi fondi e dall’altra funge da filtro nel decidere chi li riceverà.

«Con Earth/Percent noi cerchiamo, non soltanto di avvalerci del denaro che c’è nel mondo della musica, ma anche dell’energia, della creatività, che può essere messa al servizio della lotta nel contrastare i cambiamenti climatici; credo che siamo diventati abbastanza bravi in questo, nel senso che siamo riusciti a coinvolgere anche degli artisti di giovani, la nuova generazione, che dà un contributo molto importante.»

Brian Eno

Brian continua dicendo che a seguito delle loro ricerche si è scoperto che ci sono, effettivamente, molte piccole realtà che svolgono un ottimo lavoro ambientalista, le quali, però, non sono visibili come Amici della Terra o GreenPeace. Inoltre, si è capito che ci sono altrettanti soggetti che vorrebbero contribuire ma non sanno come. Con la sua organizzazione, quindi, riesce a fornire un modo semplice all’industria musicale per supportare quelle associazioni che si battono in modo creativo e funzionale contro il cambiamento climatico.


LA CONFERENZA STAMPA

Ciao Brian! Benvenuto. In prima battuta ti chiedo subito come ti sei sentito a lavorare negli spazi di due castelli medievali?

Salve, prima di tutto io sono inglese e di conseguenza i castelli li ho nel cuore. Non è stato un problema disporre le opere in questi ambienti. Ci sono però delle differenze che hanno a che fare con la collocazione all’interno e all’esterno.

Credo che gli artisti abbiano un compito: che è quello di creare dei mondi “altri” per le persone. Cioè di portare le persone che fruiscono delle opere d’arte in un mondo diverso dal loro, che possono esperire, e portare questa esperienza dell’arte in tutto il resto della loro vita. È come se le opere d’arte fossero dei simulatori. Ti consentono di fare un’esperienza senza esporti ad alcun pericolo, che altrimenti non potresti fare, quindi ti esponi ad una cosa come in un simulatore.

Brian Eno

In un’installazione che cosa voglio creare? Perché potreste chiedermi: hai parlato al simulatore, cos’è che vuoi simulare? Ecco, io concepisco un’installazione come un luogo in cui noi possiamo abbandonarci, arrenderci, lasciarci andare, esseri li, indifesi ed esporci a quello che ci succede. Non possiamo predire quello che succederà ma siamo aperti a quello che verrà, perché questo significa abbandonarsi e arrendersi: aprirsi a ciò che non si conosce. Stare li e vedere che succede. È un’esperienza che non tante altre situazioni possono offrire, magari può accadere quando si assumono delle droghe, o quando si fa tanto sesso o anche le esperienze di misticismo religioso. Queste possono essere esperienze di abbandono ma non altre, ecco, questo io voglio raggiungere con l’arte.

Brian, in questo contesto appena descritto, i paesaggi sonori come si legano alle installazioni?

Un’installazione visiva e sonora implica che si senta e si intraveda in qualcosa un sistema, il quale è in evoluzione, un’evoluzione naturale, non predicibile, nel senso che non è pre-programmata. C’è un elemento di casualità. Come artista io stesso non so come avverrà e come funzioni questa evoluzione perché è il sistema che evolve.

La cosa estremamente interessante di ciò è che questo è un atto di abbandono anche da parte del compositore, del musicista, dell’artista. Quindi, io stesso mi arrendo sotto questo punto di vista.

Molto spesso si pensa che gli artisti siano come degli architetti cioè hanno una visione che poi mettono in pratica. Io non lavoro così e credo che molti altri artisti non lavorino così, lascio semplicemente che ci sia questo sistema, che si sviluppa ed evolve con naturalezza, e questa naturalità fa parte dell’esperienza stessa. Sono io che non voglio sapere prima quello che accadrà. Tutto ciò è naturalmente correlato alla teoria del caos, alla cibernetica, alla teoria della rete.

Da giovane ho subito l’influenza probabilmente di altri artisti, ma non soltanto da loro. Ho subito l’influenza di uno scienziato molto importante, Anthony Stafford Beer, che ha scritto in un libro una cosa che mi è rimasta impressa, la citazione è questa: quando cerchi di sviluppare una sistema non specificare tutti i dettagli di quel sistema ma soltanto alcuni e poi lascia che la dinamica del sistema stesso ti porti nella direzione che ti auspichi.

«Invece di pensarmi come architetto, preferisco considerarmi un giardiniere: pianto semi che crescono, ma non ho veramente il controllo del loro sviluppo, posso semplicemente monitorare la situazione in cui questa crescita avviene.»

All’inizio abbiamo parlato giustamente di Earth/Percent, ma stai facendo molto anche con altre associazioni che hai sposato. Ti volevo chiedere: quanto, anche in queste installazioni, il tuo impegno ambientalista è coinvolto?

Io credo che l’approccio sotteso sia quello di dire alle persone: “Prestate attenzione con lentezza. Prendetevi del tempo!” Questo forse non è un messaggio rivoluzionario, non è niente di nuovo, ma in quest’epoca, dove siamo sempre attaccati ai nostri cellulari, io credo che invece sia un messaggio radicale perché chiede a una persona di rimanere assolutamente in un luogo e rimanerci per mezz’ora o per un’ora.

Ho letto recentemente che in media un adulto occidentale riceve tra i 3 e i 5000 avvisi pubblicitari al giorno. Che cos’è una pubblicità? È un modo per dirti fermati, blocca la tua attenzione. Ecco, è una forza che ha delle ripercussioni proprio sulla nostra evoluzione come esseri umani. Questa è una lotta che si concentra sull’attenzione. Perché l’attenzione, la nostra attenzione, è ciò che dal punto di vista commerciale ha il maggiore valore economico in questo momento. La vogliono tutti, allora facciamola riposare per un attimo e, d’accordo, stimoliamo verso qualche cosa ma non verso tutto. Credo che sia questa la filosofia da cui parto e che poi permea a tutto il resto.

Brian Eno

A volte mi è capitato che quando le persone si esponevano a della musica, o a un’esperienza artistica, poi mi sono venuta a dire: “Ho pensato a delle cose che da tantissimo tempo non mi venivano più in mente!” – Io vorrei che accadesse proprio questo, vorrei che alle persone si riuscisse a ricordare che hanno un bagaglio, una vita di esperienze a cui possono (ri)attingere. Ma tutta questa esperienza, di solito, viene seppellita sotto altre esperienze. Allora io voglio far capire alla gente che la risorsa più ricca in assoluto sei tu, fermati e guardati dentro.

Presto celebrerai cinquant’anni di carriera solista, ricorrono, infatti, i cinquant’anni da “Here Come the Warm Jets”. Quindi la domanda è: sei soddisfatto di tutto quello che hai creato in qualità di artista in questi 50 anni e cosa ci attende per i prossimi 50?

Magari avessi altri cinquant’anni… (sorride), qualche giorno fa sono andato a visitare un posto dove 15 anni fa avevo piantato moltissimi alberi, 6000 circa. Alcuni sono diventati enormi, hanno il tronco molto grosso, arrivano addirittura ad un’altezza di 15 metri. Allora mi sono detto: se adesso piantassi di nuovo degli alberi riuscirei a vedere un altro bosco, prima di morire? Quello che voglio dire è che sto cominciando a cronometrare la mia vita in relazione a quanti altri boschi posso piantare.

Adesso cerco di rispondere più nello specifico alla domanda. Ci sono due, tre cose che mi danno piacere pensando alla mia vita di artista.

Il primo elemento è l’idea che si possa fare musica pop ed essere intellettuali, senza essere noiosi. Questa è un’idea che quando la portai all’attenzione degli altri, molti la trovarono assolutamente ridicola.

La seconda cosa è quella della lentezza. Perché quando ho cominciato a lavorare nella musica pop c’era una sensazione molto diffusa, l’idea che in questo tipo di musica ci dovesse essere la stessa energia presente in quella per i diciottenni / diciannovenni. Giustissimo! Ma non ci sono soltanto loro, naturalmente, come fruitori della musica.

Ho pensato invece ad una musica più spaziosa, che avesse orizzonti più ampi, un paesaggio più ampio e uno sviluppo più lento e sono contento di essere riuscito ad avere successo nel portare questo elemento nella musica. All’inizio si chiamava musica ambient, ma adesso la troviamo sotto tante altre forme.

La mia ambizione è che la mia arte includa, all’interno del prodotto artistico, tutto quello che mi interessa come artista. Quindi la scienza, si… ma anche il sesso, la tristezza, oltre che la bellezza, la complessità e la semplicità. Questa è stata la mia ambizione: fare dell’arte che mi interessasse che mi tenesse occupato e che continuasse ad affascinarmi. E devo dire che questo fascino io lo sento ancora. [lo dice con occhi sognanti, ndr]

Ovviamente mi sono trovato a stupirmi, a perdermi del mio stesso lavoro.  Ed è bellissimo, dopo cinquant’anni riuscire a sorprendersi ancora del proprio lavoro… perché sono riuscito a sentire una voce, la mia. Non avevo mai sentito letteralmente la mia voce, è cambiata negli ultimi quattro, cinque anni, è cambiato proprio il timbro. Non è soltanto quell’aspetto della mia voce che è cambiato ma è cambiata tutta la mia voce e tutto il mio corpo nella sua interezza. Questo è successo.

Non ti sembra che quello che dicevi prima in relazione alla musica pop era vero negli anni ’70, diciamo dagli anni ’60 fino, forse, ai ’90. Un alfabeto rock, un linguaggio rivolto soprattutto alle fasce più giovani. Ma per gli ascolti di oggi, non è che la musica pop è diventata più una forma di arredo, più un accessorio per le nuove generazioni? Manca proprio la parte di credo, non è più un credo, non è più una religione. Qual è il tuo pensiero in merito a questa cosa, che può avere riflessi positivi ma anche negativi?

La prima cosa che risponderei e che in effetti io penso che questo sia un momento estremamente interessante in relazione al panorama musicale e a quello di cui possiamo avvalerci. È come se fossimo ai tropici della musica e all’equatore c’è una vita lussureggiante e la vita prolifera in migliaia di forme. Trovo che quello che stia accadendo nel panorama musicale di adesso sia molto simile a questo, è un momento straordinario e senza precedenti da questo punto di vista. La seconda parte della risposta inizia con un “ma”.

Il ma è questo: le cose sono cambiate, nel senso che non c’è più un canone. Negli anni ’60/’70 la musica doveva passare attraverso una serie di colli di bottiglia per poter essere applicata, per poter essere diffusa. Era difficile fare un album, farselo produrre e rilasciarlo. Bisognava andare dal signor manager, passare per altri reparti e dipartimenti, case di produzione e così via… la conseguenza qual era, è che non venivano pubblicati tanti dischi e tutti sapevano che cosa succedeva nel panorama musicale e che cosa ci si poteva aspettare. Si sapeva, tra l’altro, che c’erano quelli che andavano bene come i Beatles, Jimi Hendrix e altri. Questo ci si aspettava e questo accadeva. C’era un canone, il canone era il risultato di questo sviluppo. È stata la risposta a una situazione, a una condizione che esisteva prima che si cominciasse a registrare la musica. Tutti dovevano conoscere quei pochi artisti.

Brian Eno

Un giovane Brian Eno

Ma adesso le cose sono cambiate, non è più così, non c’è più questa specie di aspettativa su quello che avviene nel mondo della musica questo in effetti è un cambiamento positivo che ha degli elementi di interesse. È come se si ritornasse, adesso, ad un panorama musicale in cui è importante la musica folk, popolare in senso alto.

Ci sono degli spazi molto maggiori per i musicisti, per i compositori, al punto che ci può essere un’artista che lavora ed è noto in Norvegia ma non lo è neanche nella vicina Svezia, per non dire l’Italia. E la scena si divide su due fronti: da una parte ci sono i grandissimi artisti, quelli conosciuti da tutti, come Beyoncé. Dall’altra c’è questo aspetto locale della musica più popolare, uso il termine folk spero senza sbagliare, appunto legato a quello dicevo pocanzi.

C’è poi una cosa che è successa due, tre anni fa proprio prima del lockdown e trovo che sia stato l’evento musicale maggiore degli ultimi 10 anni. La canzone è una canzone che si chiama Jerusalema, una hit partita dal Sudafrica, cantata da una cantante assolutamente nuova sulla scena, con musica composta da un dj e c’era anche un ballo associato. Una canzone che ha fatto il giro del mondo. Se si va su YouTube e si scrive Jerusalema Dance si trovano migliaia di video di persone che ballano sulle note e sulle parole di Jerusalema. Addirittura preti del Vaticano, le hostess della British Airways, i cuochi di un famosissimo ristorante londinese che ballano e che hanno postato questi video. Questo mi ha riempito di ottimismo perché ho pensato, c’è una possibilità, c’è una possibilità di avere un mezzo di comunicazione globale e questo mezzo è la musica. Termino con una domanda: la conoscete Jerusalema o siete troppo vecchi forse per conoscerla? Questa era una battuta ovviamente, perché sono io il più vecchio qua! [dice ironicamente ridendo, ndr]

Si anche qui la conosciamo tutti, credo, non siamo così vecchi. Durante il lockdown in molti ospedali la cantavano per tirarsi su il morale, visto i frangenti tragici che stavano vivendo.

Sarebbe bellissimo ovviamente stare qui a fare domande a Brian Eno fino al prossimo anno, parlare con te è sempre molto stimolante e veramente ti ringraziamo per la tua disponibilità. C’è però un’ultima domanda. Un salmo della Bibbia ricorda che Dio creò il mondo secondo misura e peso. Nelle successive riflessioni di filosofi come Sant’Agostino la musica venne vista come forma d’arte che, basandosi proprio su questo principio biblico, bene si prestava a far comprendere le leggi dell’universo. Forse anche la tua musica può essere inserita in questo contesto?

Come prima cosa devo dire che il paragone mi lusinga moltissimo e spero veramente che la mia musica si possa collocare all’interno dello stesso contesto. Rispondo dicendo che quando faccio musica, quando creo la musica, la creò per avere un luogo nel quale il mio spirito può esprimersi, cioè un luogo del mio stesso spirito al quale altrimenti io non potrei accedere.

Quindi, faccio innanzitutto la musica che serve a me sperando che possa arrivare anche agli altri. Sostanzialmente creo la musica che io stesso voglio ascoltare e non la creo perché ancora non esiste; la creo perché parla alla mia mente, ma visto che ritengo che la mia mente non sia diversa da quella degli altri, spero che possa essere un’esperienza condivisa quella che offro attraverso il mio lavoro.

Ritornando a quello che dicevo all’inizio sul fatto di arrendersi, di abbandonarsi, di lasciarsi andare all’arte, ecco, tutto questo è un contrappeso al controllo. Noi esseri umani siamo bravissimi nel controllare le cose. Storicamente lo abbiamo fatto attraverso la tecnologia, gli strumenti e anche con i concetti. D’altra parte, siamo anche, per natura, altrettanto bravi a lasciarci andare ad abbandonarci e io col mio lavoro voglio ricordare proprio questo alle persone: cioè che siamo capaci di abbandonarci, di arrenderci, di seguire il flusso, essere parte delle cose.

Brian Eno

Poi Brian Eno aggiunge:

«Il capitalismo neo-liberal post libertario verte solo sul controllo e sullo sfruttamento del mondo. Questo è quello che avviene, possiamo anche essere utilizzati dal mondo.

Se guardiamo agli ultimi quarant’anni l’enfasi è stata assolutamente sul controllo, solo il controllo. Ciò si è tradotto in una serie di iniziative economiche di aziende, penso a Google, penso ad Amazon, che sono controllo nel senso più puro della parola.»

In tal senso io cerco di creare un elemento di equilibrio che faccia da contrappeso a questo, sia nel mio lavoro e anche nella mia vita personale. Cerco di dire alle persone: “guardate che c’è anche altro li fuori non dobbiamo essere solo utilizzati, siamo bravi anche a fare altro!

Brian grazie, penso che il tuo punto di vista sia largamente condivisibile. Ti ringrazio nuovamente per il tuo tempo e la tua disponibilità e ti attendiamo presto qui in Trentino. Ciao!

Grazie, grazie a voi e grazie delle domande molto interessanti. Bye-bye.

foto: ©ShamilTanna, ©CecilyEno, ©_ceolan