“Liminal” nasce come il punto d’inconto tra le due esperienze precedenti di Brian Eno e Beatie Wolfie: “Lateral” e “Luminal”, entrambi pubblicati nel giugno 2025.
Uscito il 10 ottobre su Verve Records, il disco rappresenta – nelle parole degli artisti – “un punto d’incontro tra i due precedenti, un ibrido tra paesaggio e sogno, una nuova terra strana dove un essere umano cammina e sente nel suo spazio misterioso”.
Definito da Brian Eno e Beatie Wolfe come “dark matter music”, “Liminal” chiude una trilogia cosmica in cui ogni album rappresenta una diversa dimensione dell’ascolto: “Lateral” come “space music”, “Luminal” come “dream music”, “Liminal” come immersione nella materia oscura del suono.
Il giorno dell’uscita, l’intero disco è stato trasmesso nello spazio attraverso la storica antenna Holmdel Horn nel New Jersey, la stessa che nel 1965 captò per la prima volta il fondo cosmico a microonde, traccia residua del Big Bang. Un gesto simbolico che riassume bene l’intento dei due artisti: proiettare la musica oltre la Terra, verso un ascolto interiore e universale.

Tra canzone e “non-canzone”
I primi due brani diffusi, “The Last to Know” e “Ringing Ocean“, delineano da subito il clima dell’album: un attraversamento lento, dove voce e texture elettroniche convivono senza gerarchie.
Brian Eno e Beatie Wolfe definiscono questo lavoro come un’esplorazione delle “terre di confine tra canzone e non-canzone (o nong, come lo chiamiamo noi)”, una zona ibrida in cui la struttura musicale tradizionale viene dilatata fino quasi a dissolversi.
Il tempo si espande, l’attenzione si sposta dal ritmo al respiro del suono. “There’s always a border between what you think you know and what you don’t know,” ha dichiarato Eno, “and we were interested in working inside that margin.” Un margine sonoro e percettivo, che diventa spazio di esplorazione.
In questo senso, Liminal rappresenta la parte più densa e oscura della trilogia: un disco di soglie, dove il confine tra suono e silenzio diventa sostanza, “materia oscura” da attraversare più che da comprendere.

Prima di “Liminal”, conviene tornare ai due dischi che lo hanno preceduto.
“Lateral” era quasi interamente strumentale, costruito come una “pittura di paesaggio” fatta di linee sintetiche, droni ed echi di spazio aperto. Un lavoro vicino alla tradizione ambient di Eno, con una vena più cinematografica e rarefatta.
“Luminal“, invece, introduceva la voce e i testi di Beatie Wolfe, in un linguaggio sospeso tra canzone e spoken word. Se il primo guardava al paesaggio, il secondo abitava il sogno.
“Liminal“, come suggerisce il nome, si muove esattamente tra questi due poli, fungendo da ponte sensoriale tra interno ed esterno.
Il linguaggio del “nong”
L’idea di non-canzone, o nong, è uno degli elementi più affascinanti del progetto. Non si tratta di una negazione della forma-canzone, ma del suo superamento: togliere il centro per far emergere le soglie. È un approccio che Eno coltiva dagli anni ’70 – da “Music for Airports” a “Another Green World” – e che qui trova un nuovo equilibrio grazie al contributo di Wolfe, più narrativa e legata alla parola.
L’ascoltatore entra in un territorio dove la voce diventa strumento e il suono diventa racconto. Non si cerca la melodia, bensì la direzione del suono. È una dinamica che sposta la percezione e apre lo spazio ad una nuova forma di fruizione, meno lineare e più emotiva.

Due percorsi che si incontrano
Brian Eno non ha bisogno di presentazioni: architetto del suono, artista e produttore tra i più influenti del secondo Novecento, ha sempre condotto una ricerca radicale sulla funzione del suono e sul rapporto tra arte, tempo e tecnologia.
Beatie Wolfe, musicista e artista anglo-americana, lavora da anni sul legame tra musica, scienza e ambiente. Ha realizzato album “tangibili” in formato NFC, installazioni sonore nello spazio e progetti in collaborazione con NASA, Victoria & Albert Museum e MoMA.
I due si sono incontrati durante un evento del SXSW dedicato ad arte e clima. Da lì è nata una collaborazione continuativa, fondata su un’idea condivisa del suono come forma di connessione – tra individui, ma anche tra persone e pianeta.

L’ascolto
Liminal è un disco da attraversare con calma.
Meglio in cuffia, in spazi silenziosi, o come sottofondo a un gesto ripetitivo: camminare, disegnare, scrivere.
Un buon punto d’ingresso restano “The Last to Know” e “Ringing Ocean”, l’ascolto si apre però ulteriormente nei brani più densi, come “Parallel Night” e “Field of Echoes”, dove Eno lavora per sottrazione e la voce di Wolfe emerge come eco interna, non protagonista ma presenza.
“Flower Woman” intreccia chitarre blues e rumori digitali in un dialogo quasi fisico tra voce e strumento.
“Before Life” evoca un organo da cattedrale, un richiamo spirituale che attraversa molte opere di Eno.
Il momento più toccante arriva con “Corona”, brano senza parole ma intriso di memoria e inquietudine: il suono sembra farsi corpo, tra pandemia, amore e perdita.
In “Little Boy”, invece, la voce di Wolfe emerge con timbro caldo e sospeso, guidando verso un’intimità fragile.
“Laundry Room” mescola realtà e sogno, trasformando la quotidianità in scena onirica: “Ho aspettato tutta la notte in lavanderia”, sussurra Wolfe, mentre dal suono affiora qualcosa di spettrale.
Il disco si chiude con “Shudder Like Crows”, collage di voci e riverberi che sintetizza la tensione spirituale dell’intero progetto.
Il suono non si impone: si muove come una corrente lenta, modellando lo spazio.
L’ordine ideale non è cronologico ma percettivo, perché Liminal funziona più come installazione sonora che come album tradizionale.
Il supporto e la materia
Anche la dimensione materiale del progetto è curata nei dettagli: “Liminal” è in biovinile ecologico, proseguendo l’impegno di Wolfe per una sostenibilità concreta nel settore musicale. La confezione, essenziale ma pensata per essere riutilizzabile, include codici di accesso a contenuti interattivi e visual.
L’esperienza visiva è infatti parte integrante del progetto. Wolfe ed Eno, entrambi da tempo attivi anche nell’ambito installativo, hanno concepito “Liminal” come un’opera transmediale, dove suono e immagine coesistono in uno stesso spazio sensoriale. L’universo visivo associato all’album (disponibile online) contribuisce ad amplificare la dimensione percettiva dell’ascolto, con animazioni liquide e forme di luce che reagiscono al suono.
È una scelta che rispecchia perfettamente la poetica del duo, dove tecnologia e sensibilità ecologica si fondono.

È un disco da ascoltare in immersione, non da scorrere come una playlist, per poi tornare indietro a “Luminal” e “Lateral”.
L’ordine ideale non è cronologico, ma percettivo: si può cominciare da un brano più vocale, passare a uno più astratto, e ritornare infine al silenzio, che in Eno è sempre parte integrante della composizione.
Il senso di una trilogia
Con “Liminal” si chiude (forse) una trilogia. Ma parlare di “fine” è improprio: i tre album funzionano come tappe di un processo esplorativo, più che come opere a sé stanti.
Lateral (spazio) guarda al mondo esterno, Luminal (sogno) all’interiorità, Liminal alla soglia fra i due o, come dicono gli artisti, nella materia oscura che li unisce.
È una costruzione che riflette un percorso umano prima che artistico, non un semplice esercizio di forma.
In un’epoca di produzioni rapide e ascolti distratti, Eno e Wolfe scelgono invece la lentezza e la coerenza. Un gesto che è quasi politico: restituire alla musica il tempo di cui ha bisogno per essere compresa davvero.

Oltre l’album
Per chi segue la scena contemporanea, “Liminal” è interessante anche come segnale di tendenza. Negli ultimi anni, si è assistito ad un ritorno d’interesse verso forme ibride – tra ambient, vocalità e sound design – che trovano spazio in ambienti performativi, museali e installativi.
Festival come Rewire, Berlin Atonal, Mutek, o realtà italiane come Terraforma, Nextones e Spring Attitude, sono il terreno naturale per progetti che mettono la percezione al centro, più che la narrazione o l’intrattenimento.
“Liminal” sembra dialogare più con questi contesti che con la discografia mainstream. In questo senso, si inserisce in una corrente che include anche figure come Kali Malone, Caterina Barbieri, Félicia Atkinson, Laurel Halo, Tim Hecker o Fennesz: artisti che esplorano le soglie del suono, tra l’astratto e l’intimo, tra l’umano e il digitale.
“Liminal” è un disco che non chiede di essere capito subito, va attraversato. È un invito a rallentare, a riconoscere che tra la canzone e il suo silenzio c’è uno spazio abitabile.
Eno e Wolfe non offrono risposte, ma un modo diverso di ascoltare – e forse, anche di stare al mondo.
- Brian Eno & Beatie Wolfe — Liminal
- Etichetta: Verve Records
- Uscita: 10 ottobre 2025
- Formato: digitale, biovinile
- Durata: 11 brani | circa 42 min
- 1 Part Of Us
- 2 Ringing Ocean
- 3 The Last To Know
- 4 Procession
- 5 Little Boy
- 6 Flower Women
- 7 Shallow Form
- 8 Before Life
- 9 Laundry Room
- 10 Corona
- 11 Shudder Like Crows
