fbpx

SONÜS MUSiK, collettivo di party che Lorenzo Dada, Marco Iacino, Andrea Aniki, Gabriele Manzi e Tiziano Giorgini hanno organizzato all’Hoxton Hotel di Roma è stato molto più che una serie di party tra amici.

L’ultima data del marchio romano SONÜS si è tenuta a marzo, ovviamente sempre negli oscuri meandri dell’Hoxton Hotel. Ci siamo presi un po’ più di tempo per parlarne perché, almeno a nostro avviso, il tema andava trattato in maniera più approfondita.

Ragionando sulle date all’Hoxton Hotel, vediamo come questo tipo di eventi, sempre maggiori a Roma, stia lentamente rispondendo ad una domanda latente. Questa domanda prevede il divertimento senza bisogno di mischiarsi in affollati locali con musica eterogenea, o peggio ancora tutta uguale.

In un momento in cui la commercialità di alcune venues prende spunto da più parti per proporre tracce senza inventiva, quali improbabili mash-ups tra vocali latini ripetuti propri del DJ Hugel con sigle di ben note serie TV ambientate a Napoli, vedere che esista un posto in cui cinque amici riescono a riunire teste pensanti di clubbers seri è un faro di luce nell’oscurità.

Chiariamo bene un punto: ciò che propone Hugel o quello che si può ascoltare nelle serie TV non ha assolutamente nulla di male. Va però detto, in generale, che se anche solo 10 anni fa un DJ si fosse azzardato a proporre la sigla di “Charlie’s Angels” nei clubs, sarebbe probabilmente stato linciato dalla folla.

Oggi, questo è all’ordine del giorno. Come all’ordine del giorno è l’improvvisazione, specialmente per quanto riguarda l’organizzazione degli eventi stessi, nonché per la proposta musicale.

L’esperienza con i ragazzi del SONÜS ci ha insegnato che non tutto è perduto, e che se le orecchie vengono tese un po’ più del normale, allora potrà capitare di incappare in piacevolissime serate, come sono state quelle all’Hoxton.

La cosa che ci rallegra più di tutte, è che parlando in giro, erano tanti quelli che ci chiedevano dove ci fossero “quelle belle feste del venerdì sera a cui andiamo sempre, con la luce rossa”. La domanda c’è, resta solamente da trovare (o creare) più offerta.

Ebbene, con questo nostro pezzo di “chiusura”, vogliamo presentarvi due figure che appartengono ai mondi sopra citati, l’uno dal lato della consolle, e l’altro dal lato delle pubbliche relazioni, che certo non hanno problemi di scarso professionismo.

Cari lettori, nell’attesa di nuove sorprese da parte della crew SONÜS MUSiK, vi lasciamo alle interviste al quarto dei DJs che faceva ballare l’Hoxton Hotel, Lorenzo Dada, e a Marco Iacino, che come i veri padroni dell’ombra, lavorando alacremente dietro le quinte, l’Hoxton lo riempiva.

Ciao Lorenzo, benvenuto su Parkett Channel. Inizierei con una domanda proprio semplice semplice: chi è Lorenzo, prima di essere Lorenzo Dada?

Ciao Lorenzo e grazie per l’opportunità. Lorenzo Dada è semplicemente un alias artistico che mi ha accompagnato da sempre nel mondo della musica elettronica come produttore e come DJ. Nel mio caso il progetto artistico e la persona combaciano non ho personaggi o sovrastrutture sono sempre io.

Come hai iniziato a muoverti in questo mondo magico che è la musica? Ci racconti i tuoi primi passi?

Dopo aver affrontato un lungo percorso di studi accademici ho deciso di proiettarmi nel mondo dell’elettronica e di discostarmi leggermente dal mondo concertistico della musica classica. Sono da sempre stato un amante del genere ambient e del Live set ed i miei primi lavori in giovane età si concentravano appunto sulla Live Performance. Di gavetta ne ho fatta tantissima suonando “nei peggiori bar di Caracas” e piano piano ho iniziato il mio percorso come DJ su Roma con alias Lorenzo Dada.

Quand’è che però è arrivata la musica elettronica e la decisione di provare a lasciare il segno?

In realtà la musica elettronica e la musica in generale mi hanno sempre accompagnato. Non posso immaginare la mia vita senza musica. Il desiderio di dire la mia e di provare a comporre qualcosa di sensato l’ho avuto con l’acquisto del mio primo computer ACER utilizzando il software FL Studio quando andavo al Liceo. All’epoca il mio punto di riferimento e fonte di ispirazione erano Trentemoller, Tom York dei Radiohead e Aphex Twin.

Ci racconti la tua prima esibizione?

Il mio primo Live degno di essere raccontato è sicuramente presso un club romano intorno al 2006, così a memoria. E’ stata forse la prima volta in cui ho potuto sperimentare il mio sound per un pubblico pagante. E’ stato molto emozionante…. mi tremavano le mani!

Sei un produttore, oltre che DJ. Hai collaborato con grandi artisti del panorama elettronico. Mi viene ad esempio in mente il criptico Jay Haze. Puoi raccontarci qualche aneddoto derivante dalle tue collaborazioni?

Con Jay siamo molto amici. E’ una persona molto sensibile con immenso talento che ha dato tanto al panorama della musica underground. La nostra prima collaborazione è stata sulla mia label Sonora con “Echo Park” con cui vendemmo 200 copie in vinile nel giro di 3 settimane. Dopodicchè ho pubblicato 2 EP sulla sua label storica Contexterrior / Tuning Spork e un Ep su Sonora “When Coasts Collide” che finì in numerose classifiche internazionali. Ultimamente ci siamo persi di vista anche per il suo allontanamento dai social media.

Qual è la differenza più grande che vedi tra i dj e produttori italiani e quelli stranieri?

In realtà tutto il Mondo è paese, ma sicuramente all’estero c’è una tendenza alla community, al tendere la mano e all’aiutarsi, ma soprattutto il lavoro del Dj è un lavoro riconosciuto. Forse è più questo il vero dramma. Qui in Italia è sempre molto complicato collaborare con artisti e soprattutto suonare nei club. Nella mia carriera ho suonato pochissimo in Italia. Ho sempre collaborato con grande semplicità con artisti stranieri ed etichette internazionali. Ho suonato in quasi tutti i maggiori club statunitensi facendo tour su tour.

In Italia sei preso in considerazione solamente dopo essere uscito e tornato vincitore, ed è sempre stato così, la storia ce lo insegna ed è stato lo stesso per me. Sono stato apprezzato nella mia città solamente dopo aver dimostrato qualcosa all’estero. Abbiamo il mito dell’estero, siamo esterofili e siamo convinti che tutto ciò che viene da fuori sia meglio di quello che già abbiamo. L’Italia dopo gli Emirati Arabi è il paese che paga di più le guest e questo la dice lunga un po’ su tutto. Quanti DJ professionisti vivono in Italia? Lascio a te la risposta e le considerazioni al riguardo.

Il mondo della musica è profondamente cambiato, in tanti modi. Oggi c’è molto più spazio per i giovani artisti ma paradossalmente ce n’è di meno, perché tanti riescono ad “arrivare” ad avere un seguito numeroso. Cosa pensi di questo fenomeno?

Lo spazio per i giovani c’è sempre stato e sempre ci sarà. Oggi è sicuramente più facile produrre a casa o nella propria cameretta con un Home Studio e proporre la propria musica attraverso i Social Media e le piattaforme musicali oppure autoprodursi e autopromuoversi in autonomia. Ovviamente TUTTI possono farlo, quindi la competizione è alle stelle ed emergere è sempre più complesso, comunque è più che possibile con una adeguata preparazione.

Una delle cose più importanti quando si crea arte è quella di essere originali. Oggi c’è una grande tendenza a “copiare” il successo di qualcun altro o semplicemente usare gli stessi “ingredienti” di altri artisti per la propria ricetta. Quand’è che si passa il limite? Voglio dire, quand’è che secondo te bisogna iniziare a pensare con la propria testa piuttosto che guardare all’altro?

Ci sono due modi di fare musica. Fare musica “per se stessi”, ad esempio suonando uno strumento o facendo emergere il proprio sé quindi trasferendo noi stessi, il nostro sound e il nostro stile in musica rimanendo alla larga da generi musicali e tendenze. Poi c’è il “fare musica per gli altri” e se si decide per questa strada bisognerà tenere conto di molteplici dinamiche di marketing e di mercato e saremo vincolati da scelte stilistiche imposte da altri pur sempre con il nostro tocco e le nostre idee. La magia accade quando la musica che facciamo per noi stessi combacia con la musica che facciamo per gli altri. Quando questo accade nascono i grandi nomi e i grandi talenti. Copiare solamente purtroppo non basta. Come diceva il grande Claudio Coccoluto, “copiando qualcuno nella migliore delle ipotesi arrivi secondo”.

Ci sono delle ispirazioni particolari che guidano la tua mano quando produci?

L’ispirazione va trovata dentro se stessi in primis attraverso la competenza e la consapevolezza. Il livello della scena musicale è molto alto e bisogna avere necessariamente delle basi e delle competenze teorico musicali. Non si può creare e comporre solo quando si è ispirati. Sarebbe una follia e una grande perdita di tempo affidata al caso. Per giocare una partita di calcio bisogna allenarsi per quanto si possa essere bravi e lo stesso vale per la musica. Non si improvvisa. Anche l’ispirazione esterna ha un valore: ad esempio, al ritorno da un bel viaggio saremo sicuramente più ispirati e predisposti alla composizione, ma non può essere l’unica motivazione, almeno per me è così ed è questo che cerco di insegnare.

Puoi descriverci le sensazioni che provi oggi quando produci o quando ti esibisci rispetto a quando hai iniziato?

Le sensazioni sono sempre le stesse. La creatività è un’emozione che aumenta di intensità nel corso negli anni. La consapevolezza è aumentata attraverso lo studio e l’esperienza, ma il feedback e l’approvazione degli altri è sempre imprevedibile ed è questo il bello. In un certo senso è sempre una prima volta, ma con maggiore consapevolezza.

Quanto conta il “sapere dove si vuole arrivare” nella musica?

La Musica va scissa in “musica come passione” e “musica come lavoro”. Il lavoro si può comunque affrontare ed è una scelta mentre la passione o si ha o non si ha, non può essere insegnata o imposta. Al limite, può essere trasmessa. Partendo da questo presupposto il “sapere dove si vuole arrivare” è solamente una nostra proiezione nel mondo del Marketing è una scelta lavorativa necessaria se si vuole intraprendere questo settore. Darsi un obiettivo abbastanza alto ci permetterà di cadere non troppo in basso. Bisogna pensare in grande tutto è possibile se si seguono step by step i passi da seguire senza mai mollare. La passione per la musica ci aiuta a cadere sempre in piedi e a non mollare mai. Chi non ha passione non durerà poiché i momenti difficili e bui saranno tantissimi.

Tu sei anche un insegnante di musica. Come ti rapporti ai tuoi studenti?

Molti anni fa ho iniziato ad insegnare musica elettronica all’interno del Centro Studi Musicali Roma per poi fondare Electronic Music Division. Ogni anno insegno con i miei colleghi a tantissimi studenti molto talentuosi e con tanta passione per la musica e per la scena elettronica. Con molti di loro instauro un bellissimo rapporto di amicizia nonostante la loro giovane età e cerco di consigliarli al meglio al dilà delle lezioni e della didattica.

Qual è la prima frase che dici nella tua prima lezione ad una nuova classe?

Fammi ascoltare cosa ti piace..

E se dovessi dare, invece, un consiglio ad un amico, ad un piccolo allievo, quale consiglio daresti?

Non voglio essere scontato e banale in questa risposta. Non tutti siamo destinati alla strada del successo questo è sicuro. Più che un consiglio è uno “sconsiglio”. Sconsiglio vivamente di interfacciarsi alla musica esclusivamente con lo scopo di fama, gloria e consenso. Ognuno percorrerà la sua strada ma se la strada sarà accompagnata dall’amore e la passione per la musica il viaggio sarà stupendo qualsiasi strada percorriamo e comunque vadano le cose. Non tutti faranno i DJ o i Producer, magari saranno padri o madri di famiglia, commercialisti, avvocati, odontotecnici ma con la grande passione per la musica elettronica che li accompagnerà sempre. L’amore sarà lo stesso che ha un DJ di professione. In primo luogo bisogna conoscere se stessi al livello musicale e non solo.

Bisogna amare, comprendere ed accettare chi siamo e trasferire tutto questo nelle nostre produzioni. Dopodichè possiamo parlare di traguardi e di successo, ma sono dinamiche completamente distaccate dalla musica e dall’amore per essa. Il successo e la fama non possono essere le ragioni e i pilastri di un approccio alla musica, ma devono essere delle naturali conseguenze per trasformare una passione in un lavoro. Il mondo dello spettacolo (la musica ne fa parte) è un mondo complesso che può forviare, deludere, deprimere e suscitare esperienze negative e frustranti soprattutto per i più giovani. A tal proposito, sto scrivendo un libro sul Marketing Musicale proprio per aiutare a comprendere i meccanismi del mercato musicale non solo ai nostri studenti, ma a tutti i produttori e Dj che vogliono intraprendere questa carriera.

Ciao Marco, benvenuto su Parkett Channel e grazie per il tuo tempo. Raccontaci un po’ di te.

Tu sei la mente organizzativa dietro i party SONÜS all’ Hoxton, quello che si occupa di diffondere le voci, di alimentare la curiosità. Ti va di parlarci un po’ di più di questo tuo compito? Come nasce il tuo amore per le pubbliche relazioni?

Certo! rispetto ai ragazzi che si occupano di piu’ della parte musicale io mi occupo di cercare di fare una comunicazione attraverso le varie piattaforme social con contenuti che possano catturare l’attenzione del pubblico. Ho cominciato a 24 anni, ero già da molto tempo un assiduo frequentatore di club della scena elettronica romana, un giorno ero su Ponte Sisto e mi arriva un messaggio da parte di Claudia Gianvenuti, Door Selector e Capo della Comunicazione delle mia serata preferita, L-EKTRICA, che si svolgeva il martedì all’Akab, uno storico club di Testaccio, e del più bel festival che si svolge a Roma, lo Spring Attitude Festival. Nel messaggio m chiedeva se avessi piacere di far parte del suo team, naturalmente ho accettato e da li è cominciato il viaggio.

E come mai non ti sei mai cimentato all’arte del DJing? D’altronde, con le personcine di cui ti circondi..

E’ una cosa a cui ho sempre pensato, per me la consolle è sacra, purtroppo sono sempre stato schiavo di un pensiero che è quello che sarei stato l’ennesimo a mettersi a fare il dj in un periodo dove questa figura è molto inflazionata, questa cosa mi ha sempre frenato ma non si sa mai che prima o poi mi sblocchi.

Hoxton Hotel: perché la scelta di questa location per i party SONÜS ?

Siamo arrivati all’ Hoxton tramite un amico Fabrizio De Lucia che mi ha chiesto di venire a visionare la location, lo abbiamo fatto, ci è piaciuta, ed è partito il progetto

Una mia curiosità: l’illuminazione rossa delle notti SONÜS è un’idea tua, oppure è stata una cosa venuta di comune accordo?

Si! Mi sono molto raccomandato di avere dei fari all’interno del pacchetto del service cosi da poter creare un ambientazione da club intima come piace a noi, quei club da 200-300 persone che ad oggi su Roma sono difficili da trovare purtroppo, e naturalmente i ragazzi erano d’accordo. 

Come pensi sia cambiato il mondo delle pubbliche relazioni da quando hai iniziato ad oggi?

Oggi viaggia tutto tramite il web, quando ho cominciato io scrivevo a tantissime persone in privato e ricevevo allo stesso tempo tantissimi inviti in privato, lo faccio ancora ma la percentuale maggiore te la portano una comunicazione web sulle varie piattaforme, fatta bene, da spingere tramite promo targettizzate .

L’improvvisazione alle volte può essere un vantaggio, ma alle volte è un grosso limite. Quanto pensi che avvantaggi o svantaggi l’ambiente delle pubbliche relazioni se non lo si fa di mestiere o ci si “improvvisa” pr per poche notti?

Guarda, vale un po’ il discorso che facevamo prima riguardo i dj, per me se una persona vuole provare a fare qualcosa anche per tre mesi va bene, nessuno si può permettere di decidere se una persona può o non può farla, poi sarà il tempo a dimostrare se l’hai fatta più o meno bene e non parlo solo di numeri. Parlo anche della qualità del prodotto che proponi e del modo in cui lo proponi, senza essere invasivi e sapendo selezionare le persone che pensi possano essere interessate. 

Che cosa pensi di quelli che sostengono che il PR sia ormai una figura superata (come in molti casi viene detto anche del vocalist, che a dire il vero è una figura in via di estinzione, almeno all’estero), ragione o è solo una concezione sbagliata?

Penso che la figura del promoter nel tempo si sia evoluta,  parlo per me, oggi il promoter deve lavorare come una agenzia di comunicazione quindi andando a creare contenuti di qualità per le varie piattaforme. Per quanto mi riguarda l’estetica delle grafiche per le stories, l’estetica delle foto della serate fatte con una qualità elevata, e la location sono importantissime… un impianto di alta qualità, dj che propongono una selezione di dischi ottima, elementi che fanno tutti parte di una serie di cose, che se messi insieme danno un prodotto di qualità. Purtroppo ad oggi Roma tante volte non ti permette di avere tutti questi elementi messi insieme, vuoi per problemi burocratici o di volumi o tante altre piccole e grandi problematiche che si presentano.

Se una persona, che nel mondo di oggi volesse entrare con tutte le scarpe nel mondo delle pubbliche relazioni, ti chiedesse un consiglio, cosa diresti? Quali sono i “do” ed i “don’t”?

Gli risponderei che deve avere una predisposizione naturale, I DO sono: lavorare solo per progetti in cui si crede, dove tu sei il primo che ci si diverte all’interno e dove sei certo di proporre un prodotto di qualita’,

I Don’t sono: non dire “si” a tutti quelli che te lo chiedono dire qualche no e selezionare progetti che ti rappresentino.