Il 7 e l’8 giugno siamo stati a Naturalis, il festival di Castel Volturno sulle rive del lago di una località in cui la frenesia della nostra era svanisce, dando vita a un’oasi naturalistica di musica elettronica ed energie multiformi.
Quando arrivi nei pressi di Umoya, la location che per due giorni ha ospitato Naturalis Fest, difficilmente ti aspetti di ritrovarti in un luogo simile. Le stradine di campagna di Castel Volturno che conducono fino al festival, ti fanno ben sperare di essere in un luogo dove al primo posto c’è la natura ma, se non ci sei mai stato, il primo impatto con Umoya ti lascia senza fiato. Un lago, il verde degli alberi, un’area food in legno che ti fa pensare di essere finito in qualche chiringuito nel nord di ibiza. Tutto sembra essere pensato per farti vivere un’esperienza ai confini del lisergico.
Abbiamo avuto il piacere di partecipare a entrambe le giornate del festival, sabato 7 e domenica 8 giugno, immergendoci completamente in quello che è lo spirito di Naturalis e dei partecipanti che lo abitano. Le vibrazioni che ti accolgono e che ti accompagnano per tutta la durata del festival sono un mix di misticismo e di energie terrene radicate a uno specchio d’acqua. Questa sorta di paradosso è una delle caratteristiche che rende Umoya un luogo difficile da dimenticare: il lago artificiale su cui si affaccia l’intera oasi naturalistica – e su cui abbiamo ballato per due giorni – raccoglie e custodisce tutti i pensieri che si accartocciano in testa durante la quotidianità, per regalare dei momenti in cui l’unica cosa che conta è la musica, fruita nel modo più libero e puro possibile.

Gli stage
Gli stage che compongono Naturalis sono tre: come anticipato, il Water Stage che oscilla sull’acqua del lago artificiale originato dal recupero di ex cave di sabbia abusive. Il secondo è l’Earth Stage che deve il suo nome al fatto che si balla letteralmente con i piedi nella terra (un modo unico di entrare in contatto con la natura e la location), si trova sotto un tendone da circo e rende l’esperienza all’interno molto poco terrena, ma piuttosto spaziale. Infine l’ultimo, ma non per importanza, il Fire Stage, una sorta di pagoda con il tetto semi scoperto, composto da intrecci di lunghi tronchi di legno e da barre di luci led rosse.
Il Water Stage
Il Water Stage, appoggiato su una piattaforma di legno galleggiante, ci ha regalato pomeriggi indimenticabili, a partire dal set terrasonico di Vladimir Ivkovic che il sabato, dopo gli shamani siciliani Nunzio Borino e Mapa & Camallo, ha acceso il dancefloor con una sorta di rituale ondeggiante per 4 ore. Il sound system del Water Stage era in equilibrio perfetto con l’ambiente circostante: una cassa dritta e precisa, che non lasciava spazio a sbavature, ma si fondeva con il potere energetico del paesaggio naturalistico di Umaya. Indimenticabile il tramonto della domenica: un saluto al Sole arricchito da intrecci di groove e influenze etniche firmato Jonny Rock.

L’Earth Stage
È capitato a ognuno di noi, almeno una volta, di rinominare un party, una serata o una qualsiasi situazione come un circo. La gente, le sensazioni, il casino: ci sono volte in cui tutto richiama l’arte circense, dal clubber imbufalito in prima fila che non ha mai abbandonato il posto sotto cassa, al dj sputa fuoco che ci ricorda il personaggio delle fiabe che da bambino un po’ faceva paura, ma in un certo senso era anche intrigante. Beh, a Naturalis il circo non è stata solo un’ideologia, è stata realtà. L’Earth Stage è un tendone a righe delle dimensioni di quasi un campo da calcio, brulicante di energia freak, pronto a raccogliere l’estro viscerale privo di filtri di chi ci ha ballato sotto per due giorni. La line up studiata per questo stage è stata un alternarsi di artisti dalle più varie sfumature sonore, tra cui Gallegos, Red Axes, Shubostar, Amaliah fino alla chiusura acrobatica di Ben Ufo di domenica sera.

Il Fire Stage
Entrare nel Fire Stage, soprattutto la notte, era come entrare in una sorta di dimensione parallela, dove non c’era altro che il flow creato dalla musica, da un impianto avvolgente e da persone a cui interessava solo una cosa: ballare. Intramontabili l’hybrid set di Alexander Robotnick (leggi qui la nostra intervista), che ha raccontato una storia ai confini dell’house e della electro synth pop, e il live act di DMX Krew che, come sempre, si è rivelata una matrioska di sound che noi comuni mortali possiamo solo apprezzare, fingendo di comprendere. Il sabato sera Domenico Rosa e GNMR hanno incendiato lo slot di chiusura, costruendo un percorso musicale poliedrico e inaspettato: sentire suonare Easy Lee di Ricardo Villalobos è stato un ritorno al passato che ogni clubber nostalgico presente a Naturalis non ha potuto far altro che adorare.

Le altre activities del Naturalis
Se la musica è stata il fulcro di Naturalis, a rendere l’esperienza del festival una spirale di emozioni a 360° sono state anche tutte le attività, i workshop e i talk. A partire da quello del sabato, “Io dj”, con Gianmaria Coccoluto, che ha celebrato la visione del grande Claudio Coccoluto, fino a quello della domenica, con l’autore di Trainspotting Irvine Welsh in dialogo con John Niven (autore di “A volte ritorno”, “Uccidi i tuoi amici” e tanti altri iconici titoli): un vero bagno di cultura negli anni ’90.

La location paradisiaca si è prestata in modo eccellente per le holistic activities offerte da Naturalis. Lo yoga mattutino per prepararsi a una giornata di festival, meditation e sound healing per ritrovare le proprie energie e imparare ad ascoltarsi, il rituale ancestrale della cerimonia del cacao – originario del Sud America, utilizzato come strumento per la connessione spirituale e la guarigione interiore – e l’ecstatic dance, per esprimersi con il movimento in modo libero. Il connubio di queste attività con l’energia un po’ hippie, ma decisamente arricchente, del festival hanno fatto sì che ogni partecipante si sentisse avvolto in una bolla di spiritualità leggera, che ci ha permesso di fluttuare per due giorni semplicemente facendoci trasportare dalle vibrazioni positive dell’ambiente.
A fare da cornice a questa esperienza non potevano mancare un market, con espositori dei più vari e mai banali, e un’area food che proponeva tutte le prelibatezze locali con prodotti di altissima qualità.
Per essere un festival alla sua seconda edizione non possiamo che dirci soddisfatti di quella che è stata la proposta artistica e tutto ciò che ne è stato il contorno. Vedere crescere una realtà anno dopo anno è segno che anche in Italia, se c’è impegno, amore e dedizione, si possono ancora dare vita a storie che arricchiscono la nostra cultura. A conferma di questa filosofia, abbiamo chiesto ad Augusto Penna, direttore artistico di Naturalis, una frase che riassumesse quello che è stato per lui questa edizione, e ci ha risposto così: “Una sfida difficile ma stimolante. Un piccolo mattone nella costruzione di un sogno.”

