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Il prossimo 28 novembre l’enigmatica MYSS KETA si esibirà al Berghain di Berlino, club che non ha bisogno di presentazioni. Cosa possiamo ricavare da questo fatto così apparentemente particolare?

Parlare di MYSS KETA come la classica sensation non ha senso da qualche mese ormai, data la portata che il suo fenomeno sta raggiungendo nella scena musicale italiana (e non, a quanto pare). Se qualche eremita ancora non avesse conosciuto la genialità di KETA, ecco a voi un piccolo riassunto del personaggio più avanguardistico (forse!) del panorama nazionale al momento.

I media tradizionali la definiscono “rapper”, forse per il semplice fatto che KETA, di cui non si sa praticamente nulla, nelle sue tracce parla, invece di cantare. La verità è che sarebbe un’offesa inserire KETA all’interno di un genere, dato che la sua musica è una via di mezzo tra techno, rap, pop, punk, ambient, indie, classica, rock e qualsiasi altra cosa possa venirvi in mente.

Di certezze su di lei ne abbiamo poche; quel che possiamo assicurarvi è che aveva 18 anni negli anni Settanta e 19 nel 2001, che arriva da Porta Venezia, Milano (zona che bazzica con Miuccia e Donatella) e che sta facendo innamorare tutti quelli che non sono troppo occupati per prendersela con lei, vedendola come la causa del presunto declino e della perdita di valori della musica italiana. Le sue hit cardine sono “MILANO SUSHI & COCA“, “UNA DONNA CHE CONTA“, “LE RAGAZZE DI PORTA VENEZIA” e “XANANAS“, anche se non ce la sentiamo di disdegnare le meno conosciute “GOLEM”, “LE FAREMO SAPERE”, “COURMAYEUR” e “ULTIMA BOTTA A PARIGI”.

No, non ci si è incastrato il tasto del caps lock, stiamo semplicemente dando credito allo stile di KETA, la cui musica, così come la sua essenza, è rigorosamente in caps lock. Questo è confermato dal suo ultimo album “UNA VITA IN CAPS LOCK“, che dà il nome anche al tour attualmente in corso.

Proprio di questo vogliamo parlarvi, dell’UVIC Tour. Dopo essere passata per Lione, Treviso, Ravenna, Firenze, Brescia, Torino e moltissime altre città, MYSS KETA ha in serbo due sorprese per la fine dell’anno. Una data allo Spin Time Labs di Roma e una al Berghain di Berlino.

È proprio la sua presenza in quello che è considerato da molti il tempio mondiale della musica elettronica, annunciata più di un mese fa e prevista per il prossimo mercoledì 28 novembre, ad aver stupito molte persone, in particolare i puristi dei generi proposto solitamente dal Berghain. Lungi da noi voler dare giudizi positivi o meno in merito alla questione, crediamo che l’esibizione di MYSS KETA al Berghain possa dirci alcune cose interessanti.

L’elettronica italiana si sta evolvendo (e non è necessariamente negativo)

Fino a questo momento diversi artisti italiani si sono esibiti al locale che si trova tra i distretti Kreuzberg e Friedrichshain: Tale Of Us, DJ Tennis, Enrico Malatesta, Caterina Barbieri, Lorenzo Senni, Gabber Eleganza, Lory D, Donato Dozzy, rRoxymore. Solo per nominare i nomi che hanno varcato la soglia del locale nelle ultime settimane.

Non si può assolutamente dire, insomma, che sia la presenza di un’artista italiana l’elemento di novità che stupisce.

Tutti gli italiani presenti fino ad ora al Berghain in veste di artisti, però, sono accomunati dall’offrire delle performance più o meno tradizionali in quanto a modalità (non in quanto a sonorità, basti pensare a Gabber Eleganza e alla sua offerta artistica). Si tratta per lo più di dj set, live set o comunque esibizioni che hanno degli strumenti come protagonisti. In pochissima parole, MYSS KETA è la prima performer italiana del suo tipo a entrare nel tempio.

MYSS KETA, però, non è altro che il volto di una scena simil-elettronica che sta prendendo sempre più piede in Italia e non solo. Una scena che ha a che vedere da molto vicino con il panorama indie nazionale, in crescita continua ed esponenziale. A riprova di ciò, sono i producer Populous e Riva ad aver firmato alcune delle release di maggior successo di KETA. Inoltre, la diva mascherata aprirà il concerto del prossimo 2 febbraio di Cosmo, tra i nomi più apprezzati in assoluto dell’attuale Olimpo dell’indie italiana.

MYSS KETA non è altro che la più recente personificazione di un’evoluzione radicale e attualmente in corso della musica italiana, dimostrata dal cambiamento delle line up di alcuni tra i più importanti festival ed eventi sul territorio nazionale, che da alcuni tempi stanno includendo sempre più artisti inquadrabili concettualmente nella scena indipendente (che appare sempre meno indipendente, ma questo è un altro discorso). Clap! Clap!, Capofortuna, Go Dugong, Coma_Cose e decine di altri progetti fanno parte di questa scena a cavallo tra elettronica e indie.

Scena che, lo dimostra anche l’incredibile impatto che hanno avuto negli ultimi anni i fenomeni Liberato e Nu Guinea, solo per citare alcuni esempi, va tenuta d’occhio con estrema attenzione. Che lo si voglia o no. Il rischio è quello di rimanere indietro rispetto a quello che, con ogni probabilità, sarà il prossimo futuro della musica elettronica italiana.

I generi sono sempre meno attuali

Se nelle considerazioni precedenti ci siamo trovati relativamente in difficoltà nel definire la più recente evoluzione della musica italiana, è perché non interessa più a nessuno parlare di generi o inquadrare un artista in questa o quella corrente musicale. Non interessa nemmeno individuare le influenze o le contaminazioni. In letteralmente due parole: vale tutto!

Vale davvero tutto. Quando, a inizio articolo, identifichiamo MYSS KETA all’interno di sei generi estremamente diversi, stiamo facendo una provocazione, ma neanche tanto. MYSS KETA, e come lei molti altri talenti più o meno emergenti, è tutto e non è nulla. Impossibile identificarla e inutile cercare di farlo. Inutile perché si sta delineando sempre di più una tendenza a repellere i genere musicali “classici”.

Questa tendenza, a essere sinceri, è propria anche degli artisti più in voga al momento nell’elettronica internazionale. Peggy Gou, Palms Trax, Mall Grab, per citarne solo alcuni, nei loro set e nelle loro produzioni sono in grado di spaziare dalla techno al funk, passando per acid, sperimentale, sonorità tribali e lo-fi house. Altri, come JASSS, Avalon Emerson, Identified Patient, Pan Daijing e Objekt, producono “semplicemente” qualcosa di avanguardistico e sperimentale, senza alcun bisogno di crearsi un suono tipico e definibile.

A onor del vero, la voglia di accantonare i limitanti generi in favore di una libertà musicale senza confini è qualcosa che si trova in tutti i periodi della storia musicale moderna. Mai come in questo periodo, però, il superamento di questi confini sembra qualcosa di così concreto e compiuto.

Il ritorno alla trasgressione

Siamo sinceri: in Italia la trasgressione si era persa da moltissimi anni. L’ultimo baluardo di un periodo di pura ed esagerata trasgressione era, forse, il Diabolika, il party che ha segnato una generazione e che viveva nelle parole di Henry Pass e di Lou Bellucci e nelle mani dei vari Emanuele Inglese e Paolo Bolognesi. Ciò che oggi ci sembra qualcosa di vergognosamente tamarro e impresentabile, è in realtà l’ultimo periodo iconico della musica elettronica italiana.

Poi più nulla per anni e anni. Basta provocazione, basta esagerazione, basta performer così trasgressivi. Fino, appunto, a MYSS KETA che, come una novella Henry Pass, non fa altro che parlare dei peccati e dei desideri più reconditi dell’animo umano. La differenza sta solo nelle modalità: MYSS KETA mette una buona dose di ironia e malizia lì dove i vocalist degli anni ’90 e di inizio 2000 mettevano toni e parole inequivocabili.

A collegare KETA a questo periodo sono anche i fatti. All’incirca al minuto 2:30 della sua “IN GABBIA (NON CI VADO)” parte lo spezzone di un coro che chi è stato adolescente attorno al 2005 difficilmente non conoscerà. Un coro che parla di occhi a cilindretto, di Alter Ego e di ‘mbare. Un coro che non approfondiremo (anche perché non crediamo proprio ce ne sia il bisogno).

Forse la trasgressione è uno degli elementi fondamentali che hanno fatto sì che MYSS KETA fosse invitata al Berghain, locale famoso anche per ciò che accade al suo interno e nelle sue dark room. Nonostante la sua esibizione avvenga di mercoledì, giornata che il Berghain dedica regolarmente per concerti ed eventi ben diversi dalle Klubnacht, la questione trasgressione rientra comunque e inevitabilmente nell’analisi che stiamo facendo.

Tiriamo le somme: di MYSS KETA si può dire ben poco senza cadere in giudizi, pareri e considerazioni poco imparziali. C’è chi la ama e chi la odia, chi la segue assiduamente e chi non sa chi sia, chi crede sia una genuina innovatrice e chi la trova una caricatura mal costruita.

Quel che a noi sembra certo è che KETA non sia altro che l’emblema di ciò che di nuovo sta accadendo nella musica elettronica italiana. MYSS KETA, che piaccia o meno, è un’occasione di riflessione per chiunque sia parte dell’ambiente, oltre che una perfetta immagine, come già affermato, di un’evoluzione implacabile. Implacabile come KETA stessa. Questo va detto.