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Il docufilm sulla vita di Laurent Garnier sarà presto in tutte le principali sale: un racconto fatto di aneddoti legati alla sua gioventù, ma anche molto altro.

Laurent Garnier è un nome che per molti appassionati di techno – e del clubbing in generale – rappresenta una certezza. Non solo un amante a tutto tondo della musica, ma anche e soprattutto un simbolo di questo mondo, per l’enorme contributo che ha apportato.

Il 10, l’11 e il 12 gennaio approda nelle principali sale italiane il docufilm “Laurent Garnier – Off the Record“: un racconto bellissimo che tra interviste esclusive ed immagini da archivio ripercorre la vita di questo straordinario Dj.

Abbiamo potuto guardare il lungometraggio in anteprima e ve ne parleremo in modo dettagliato, così che chiunque sia interessato possa (più) facilmente muoversi fra le migliaia di informazioni che lo spettatore riceve durante la visione – non solo legate al mondo del clubbing.

Prima di cominciare con la nostra analisi, vi lasciamo con il trailer del film, così da poter capire la portata di un artista come Laurent Garnier.

L’importanza di essere Laurent Garnier

“Perché mi sono buttato nella musica house? Perché ero un grande amante della musica”.

(Laurent Garnier – Off The Record)

Frasi d’apertura come questa sono degne solo di uomini che, attraverso la musica, hanno costruito la propria persona, più che il personaggio. Anche se solo agli inizi, il film offre alcune importanti riflessioni sulla scena elettronica attuale, nonché sul difficile rapporto tra la percezione del pubblico relativamente alla figura del Dj e l’effettiva persona dietro la console.

Laurent Garnier

Laurent Garnier in Off The Record distrugge proprio quell’ ‘eidola‘ che spesso il pubblico tende a costruire: il Dj come pop-star, dedito alla sola vita fatta di eccessi. Il Dj per Laurent – e per tutti i suoi colleghi – non è altro che questo: uomo, persona, amante di ogni sfaccettatura musicale, teso alla costante ricerca di un suono sempre nuovo e diverso.

“Laurent vuole davvero collegare le tue emozioni al suono”.

(Carl Cox in “Laurent Garnier – Off the Record”)

Il DJing è questione di empatia

Barcellona: Laurent suona al Sonar davanti a 15.000 persone. È molto agitato: teme di non entrare in sintonia con il pubblico. Come ammette lui stesso, è importantissimo individuare il tipo di persone che hai di fronte e iniziare con il disco giusto.

È orribile quando non riesci a capire il pubblico che hai di fronte” fa intendere l’artista francese. Tutto si basa sulla sintonia tra Dj e dancefloor, tra spettacolo e spettatore, tra artista e fruitore.

Segue un (inatteso) capovolgimento d’analisi: dopo la scena del Sonar, ci troviamo in una scuola dove Laurent si confronta con ragazzi. Attraverso la musica c’è un confronto costruttivo (e distruttivo) fra i due protagonisti: la definizione più accurata per descrivere questo momento penso sia “ri-costruzione”. Non è un caso parlare di ricostruzione.

Laurent Garnier

Il motivo è semplice. Il Dj spiega che ognuno di loro dovrà lasciarsi guidare dalla musica per esprimere le proprie emozioni. Tacitamente dunque cosa vuole dire? Le paure con cui un artista si confronta (suonare di fronte a migliaia di persone, ad esempio) trovano soluzione in un unico, fondamentale, concetto: la musica.

E allora significa che, dopo aver “costruito” la propria identità, bisogna decostruirla – da qui l’utilizzo del “distruttivo” nel paragrafo precedente – mettendola al servizio di tutti, così da ricomporla in virtù del “sé stessi” e dell’altro, cioè il pubblico.

“Chiudi gli occhi e ascolta la canzone. Isolati con la canzone. E guarda che cosa la canzone ti provoca”.

(Laurent Garnier – Off The Record)

Laurent Garnier

Il primo contatto con il mondo della musica

Jean Tewf (nonno di Laurent) era un giostraio. Questo rievoca tantissimi ricordi di un’infanzia felice e, soprattutto, il primo approccio con la musica; “Se volevi ascoltare musica dovevi andare alle giostre“, aggiunge Laurent.

È veramente entusiasmante notare quanto esca fuori tutta l’umanità del ragazzo-Laurent Garnier,  coinvolto alla scoperta di qualcosa di nuovo. Il Dj francese racconta che uno dei regali che più apprezzò quando era piccolo fu proprio una palla rotante strobo.

Come mai questa affezione alla palla strobo? Il ricordo è impresso nella memoria dell’autore di Crispy Bacon”: quando era molto piccolo, portarono il fratello a La Baia Imperiale. C’era la palla strobo e lui rimase  folgorato da quelle luci, accompagnate dalla voce di Donna Summer. Da quel giorno “I Feel Love” divenne un pezzo importantissimo per la carriera del disk jockey, immancabile nei suoi Dj set .

Laurent Garnier

Laurent Garnier: una visione d’avanguardia

La dedizione di Garnier alla ricerca di nuovi suoni è costante. Pedro Winter commenta tutto questo affermando che (Laurent) ogni giorno ascolta circa un centinaio di dischi alla ricerca di qualcosa di innovativo: “è un vero impegno prestare attenzione a tutto quello che succede”.

Giorgia Taglietti – responsabile della comunicazione del Sonar Festival – fa riferimento a quanto sia importante il ruolo di Laurent nella scena musicale, perché lui propone una musica diversa. Non segue regole matematiche, ma esclusivamente il proprio gusto musicale invitando le persone a scoprire sempre qualcosa di nuovo.

Tutto questo fa di artisti come Laurent Garnier delle vere e proprie colonne portanti della scena musicale internazionale: la cultura produce nuova cultura e, con essa, ulteriore voglia di scoperta.

Laurent Garnier

Il primo contatto con il mondo della notte

È il 1984, Londra: Laurent si trova all’Ambasciata francese in Inghilterra, subito dopo aver concluso la scuola alberghiera. Una volta giunto in UK, ogni cosa è una continua sorpresa: rimane costantemente impressionato da quella nazione e dalla sua eccentricità – non dimentichiamo che sono gli anni degli Swinging Sixties.

Aveva solo 18 anni ed era lontano da casa, in una nazione che mai come in quel periodo puntava agli eccessi ed abbracciava l’edonismo sotto ogni aspetto. La cultura inglese stava radicalmente cambiando, volgendo lo sguardo sempre più verso una sorta di “liberalizzazione”, morale ed estetica.

Laurent Garnier

Privo di limitazioni, Garnier ha fame di novità: il mondo non ha confini. Racconta di come avesse trovato un modo per rubare a Fernando (lo chef dell’ambasciata) la chiave del frigobar e della cantina per far festa assieme gli amici, racconta delle mille serate passate a divertirsi e degli amici che hanno segnato il suo percorso.

All’epoca non c’erano molti dj set. Esistevano però i grandi promoter ed i grandi party. La Londra underground era rappresentata dalle feste di Philip Sallon e di Leigh Bowery. La scena si configurava come un mix di persone molto diverse tra loro, ma che nell’arte trovavano la loro linea di tangenza.

Philip Sallon (a sinistra) e Leigh Bowery (a destra)

Il (futuro) Dj francese dunque aveva due vite; proprio questo elemento ebbe un ruolo importantissimo nella sua formazione personale. Da un lato, aveva un protocollo da rispettare all’Ambasciata francese, dall’altro frequentava posti eccentrici. Ogni esperienza contribuiva a strutturarlo mentalmente, dandogli maggiore sicurezza.

Laurent Garnier e il suo debutto in console

Manchester (1987). Aveva servito il presidente, la regina, tutte personalità importanti. Laurent sentiva il bisogno di spostarsi da Londra. Prossima direzione? Manchester! Nella città spiccava un club: il “The Haçienda“, sotto la proprietà dei New Order. Il locale divenne ben presto uno dei suoi punti di riferimento. In questo club, il giovane ragazzo iniziò a far conoscere le sue doti come Dj.

All’inizio non pensava nemmeno di poter diventare un Dj e, anzi, era piuttosto rassegnato alla sua vita da cameriere. Ad un certo punto tutto cambia. Laurent Garnier conobbe Dani Jacobs – VJ del “The Haçienda”. Il VJ rimane stupito dalle grandi abilità di Laurent nel mixare i dischi e decide di non farsi scappare quel giovane talento. La proposta è semplice: Laurent dovrà registrare un nastro con uno dei suoi mix, così da portarlo a Paul Cons, direttore artistico del “The Haçienda”.

Laurent Garnier

Il cavaliere della Legion d’Onore con grandissima emozione racconta di tutto il tempo trascorso a scegliere i giusti brani: voleva assolutamente convincere (e sorprendere) Paul Cons. Il promoter ascoltando il mix comprese subito che quello che aveva di fronte era un ragazzo con grande determinazione – oltre che estremo gusto musicale. Dopo due settimane, Laurent Garnier suonava come resident nel locale di Manchester.

Se inizialmente il club era frequentato da persone che amavano sfidarsi a colpi di ballo, sui suoni proposti da Laurent, “poi è arrivata l’ecstasy”. Tutti volevano questo sound nuovo, proveniente da Chicago: è il momento dell’acid house.

Laurent Garnier

Nuove sonorità, nuovi orizzonti: Laurent Garnier e i nuovi protagonisti

“La prima traccia che rivoluzionò tutto fu Acid Track”.

(Laurent Garnier – Off The Record)

Il racconto del Dj francese si intreccia dunque con la testimonianza di un’altra icona del clubbing internazionale: Dj Pierre. Quest’ultimo afferma che era consapevole di star creando qualcosa di unico: aveva compreso l’importanza di un sound così irriverente, ma non immaginava quanto potesse essere forte a livello di sentimento nazionalpopolare.

Dj Pierre racconta che non potendosi permettere tastiere molto costose, iniziò ad utilizzare la Roland TB-303 a livello dilettantistico, per puro divertimento. Creare suoni e girare le manopole era un gioco.

Quello che ne uscì fuori però era qualcosa di totalmente diverso da ciò che si era soliti ascoltare: un suono potente, incisivo e, soprattutto, inedito. Lo stesso Laurent Garnier commenta la nascita dell’acid house proposta da Dj Pierre come “qualcosa di davvero audace”.

La dietrologia morale della politica contro la musica elettronica

È il 1988: inizia a diffondersi l’utilizzo dell’ecstasy. L’impatto socio-culturale determinato dalla circolazione (ed utilizzo) di droghe è violentissimo. Anche i club mutano profondamente. Il “The Haçienda” era divenuto un posto folle: “addirittura delle volte pioveva all’interno per la condensa che si formava” afferma Garnier.

The Sun, 19 Ottobre 1989

La politica – con la Thatcher e Regan – inizia a stigmatizzare la club culture: “la politica drammatizzava la differenza tra le persone, la musica house drammatizzava la similitudine tra le persone”. Per chi faceva uso di droghe sovra eccitanti, la voglia di ballare era infinita; presto si innescò il desiderio di proseguire i party anche fuori dai club. È la nascita della rave culture.

Questa serie di fattori confluirono in un unico grande ritrovo, che oggi conosciamo come Summer of Love.

Dall’Haçienda al ritorno di Laurent Garnier in Francia

Nell’ ‘88, la musica techno non era più solo un fenomeno musicale che riguardava il “The Haçienda”: questo genere si era ampliato a macchia d’olio. Le conseguenze? Aveva provocato una vera e propria evoluzione culturale. Questi suoni erano arrivati anche in Inghilterra.

La Summer of Love – commenta Garnier – fu qualcosa di fantastico, sebbene non l’avesse vissuta in prima persona. Il motivo per cui Laurent Garnier non poté partecipare all’evento è semplice: aveva ricevuto la chiamata alle armi. La madre gli comunicò che avrebbe dovuto arruolarsi per i prossimi due mesi.

Laurent Garnier

La risposta di Garnier fu categorica: un netto rifiuto. Non volle tornare in Francia – in Inghilterra aveva ottenuto tutto ciò che più desiderava. Sebbene non volesse, fu costretto a tornare a casa. Dopo i primi mesi di leva, scoprì che di lì a poco sarebbe stato impiegato nell’esercito con la mansione di cameriere a Versailles.

Una volta iniziato il servizio come cameriere, il primo pensiero è ancora una volta legato alla sua passione per il Djing: potrà tornare a casa alla fine del turno? La risposta è positiva. Ha inizio una nuova fase per il ragazzo originario di Boulogne sur Seine.

Laurent Garnier

Il Rex Club: una fucina di sperimentazione artistica

La sera iniziò a frequentare i principali locali francesi e, grazie al collega Mark Moore, conobbe i promoter di locali come il REX Club. Suonava al Palace, al Rex e in molti altri.

Durante gli anni da militare, Laurent faceva il Dj sette notti su sette: dopo la notte passata in console nei principali locali della capitale, ripartiva alla volta di Versailles, così da poter prestare servizio alle otto in punto.

Laurent Garnier a Manchester

In quel periodo la scena gay era floridissima ed è proprio in questo periodo che si colloca la sua residenza a “Le Boy” (1990): la comunità LGBTQ+ era stata il fulcro della scena elettronica, soprattutto in Francia. A questa spinta d’apertura si contrapponeva la paura dirompente. L’AIDS inizia a diffondersi sempre più velocemente.

Tutti erano spaventati nel conoscere altre persone. Si fa sempre più uso di sostanze stupefacenti; il tentativo era quello di prolungare il momento di piacere, sebbene non si concludesse con l’atto sessuale.

Proprio al REX Club, Laurent Garnier decide di festeggiare i suoi 30 anni di carriera nel 2017. “il Rex è tutto per me”, racconta il Dj in Off the Record. Il REX Club è stato un luogo fondamentale non solo per Laurent, ma anche per molti altri.

“La musica house di Parigi sembra aver preso vita proprio in quel club così magico”.

(Kerry Chandelier in “Laurent Garnier – Off the Record”)

Dalla Francia a Detroit: un suono in grado di generare ponti

Anche Detroit fu importantissima per la formazione di Laurent Garnier. La città proponeva qualcosa di totalmente nuovo rispetto a quello che era possibile ascoltare in Europa fino a quel momento.

A proposito di questa città e della cultura ad essa collegata, il Dj francese afferma: “la prima volta che ho ascoltato una traccia di Detroit, la cosa mi ha fatto impazzire: è Strings of Life di Derrick May”. Derrick May è stata la figura musicale più impattante nella carriera di Garnier e questo grazie ad un sound eccezionale che ha catalizzato per anni l’attenzione.

La musica di Detroit è così importante per l’elettronica (tout court) perché risultato di  tantissime influenze: lo stile Motown, soul e jazz, uniti ai Kraftwerk.

“Richiami al passato, ma proiettati al futuro”.

(Richie Hawtin in “Laurent Garnier – Off the Record”)

Un altro contributo importantissimo portato proprio dalla musica di Detroit è stata l’automazione. In verità era qualcosa di insito nella cultura stessa della città. Il soprannome “motown” deriva proprio dal fatto che Detroit è stata una delle grandi città travolte dalla terza rivoluzione industriale negli anni ’80.

Questa cultura venne trasposta in termini musicali: le macchine e l’automazione divennero strumenti per produrre nuova musica. Quando i vari elementi finirono per combinarsi, nacque il vero suono di Detroit.

Due mondi a confronto: tra America ed Europa

Laurent racconta di come agli inizi degli anni ‘90 avesse conosciuto tutte le principali personalità della scena elettronica: Jeff Mills, Derrick May, Underground Resistance e molti altri.

Tutti erano stati ospitati al REX Club per qualche evento. Dopo una serata, Kenny Larkin gli propose di andare a Detroit, e l’artista francese colse l’occasione per recarvisi e scoprirne i segreti musicali.

Il giovane Dj del REX Club non sapeva cosa aspettarsi da questa esperienza. La prima cosa che lo colpì è che nessuno conosceva i vari Dj dal vivo. Confrontando la cultura europea con quella americana, Garnier fa notare quanto fossero diverse.

Se si fosse proposta la scena di in un ristorante al cui interno avessero cenato Derrick May, Kenny Larkin e Carl Craig in Europa la gente sarebbe impazzita, mentre a Detroit questo non era assolutamente contemplato. Il Dj era veramente una sorta di Master of Cerimonies: la musica era la sola al centro dell’attenzione.

Dal retaggio culturale alla musica come condivisione

La questione si sposta sul piano sociale: Laurent fa notare come gli afroamericani fossero molto diffidenti nei confronti de “l’uomo bianco”. La cosa è estremamente comprensibile, soprattutto considerando le profonde discriminazioni insite nella cultura americana e, ancor più, il classismo derivante da ciò.

DJ Pierre sottolinea quanto il popolo di colore fosse fiero e sentisse come identitario il suono prodotto dagli artisti di Detroit e Chicago. La musica elettronica era divenuta un elemento costitutivo della cultura afroamericana.

Non condividevano facilmente la loro conoscenza, a meno che non avvertissero il rispetto nei confronti di ciò che avevano prodotto. Inutile dire che Laurent Garnier riuscì a convincere tutti.

“Ecco come si sentono questi ragazzi riguardo alla loro musica. Fanno musica per sopravvivere. È molto forte! E se non fai cazzate con la loro musica, se lo fai nel modo giusto, saranno tuoi amici per sempre”.

(Laurent Garnier – Off the Record)

La musica come gesto di unione (e rivoluzione)

È il 1989: la caduta del muro di Berlino apre una nuova pagina della storia. La musica di Detroit è stata la colonna sonora della riunificazione della Germania – non dimentichiamo che nel 1990 ci sarà l’effettiva caduta del blocco sovietico con la legge Glasnots e la successiva Perestrojka, di Gorbaciov.

Alla fine di questo processo, lungo e logorante, Berlino viene riunita: i due blocchi – est ed ovest – trovano nuova unità. Se prima il blocco dell’est era abituato esclusivamente ad un certo tipo di musica pop, dopo la riunificazione la musica elettronica dilaga, coinvolgendo le nuove generazioni.

La rave culture si sviluppa a macchia d’olio in tutta Europa: l’Olanda era investita ad esempio dal fenomeno dei gabber e dall’hardcore ed i rave di Rotterdam iniziavano a divenire dei veri e proprio fenomeni mediatici.

Iniziano a comparire i primi club dedicati esclusivamente alla musica techno e, di conseguenza, anche i primi festival: il Sonar di Barcellona, Astropolis a Brest, il Timemewarp di Mannheim, il Borealis a Montpellier, I Love Techno a Gent.

Era arrivato il momento di portare la techno fuori dalle discoteche. In Inghilterra la situazione era differente: le persone iniziarono a manifestare per poter difendere la club culture. Oltre 150 mila persone che ascoltavano musica decisero di far sentire la propria voce.

A Berlino scoppia il fenomeno della Love Parade, con centinaia di migliaia di persone pronte a lottare per portare avanti l’affermazione di queste nuove sonorità .

Marcel Dettmann a tal proposito dice:

“Non sapevo nulla della techno. Avevo bisogno di entrare in questa musica. L’ingresso in questa musica per molte persone fu proprio la Love Parade”.

(Marcel Dettmann in “Laurent Garnier – Off the Record”)

La situazione tra Germania e Francia era molto differente: se in Francia le persone venivano additate come corruttori di moralità, in Germania la techno era stata ampiamente sdoganata.

Techno: da “vergogna nazionale” a simbolo di cultura

Garnier racconta di essersi chiesto più volte il perché di questo atteggiamento da parte delle istituzioni francesi. La politica vedeva nel rave party qualcosa di estremamente negativo, associabile ad un droga party o legato alla malavita francese.

Scan X propone una riflessione piuttosto interessante: i rave erano uno spazio di completa libertà in cui le persone potevano divertirsi; ma se c’è completa libertà, questo vuol dire che uno spazio non è controllato e se non è sotto controllo, genera paura nell’autorità.

rotterdam rave

Inizia a prendere piede sempre più spesso anche l’idea di ciò che oggi definiremmo “secret party”: i locali venivano chiusi frequentemente dalla polizia (francese). Il giudizio riservato agli amanti della techno era assolutamente negativo – nonché di profonda critica – poiché considerato qualcosa di collegato ad attività illecite.

La situazione inizia a cambiare con l’esplosione di F Communication che propone il brano “Flat Beat” di Monsieur Oizo per una pubblicità di jeans.

La musica elettronica francese raggiungerà il pubblico mondiale con i Daft Punk. Il duo non ha certo bisogno di presentazioni – leggi il nostro articolo per approfondire!

È interessante scoprire che il fenomeno Daft Punk” non fu accolto positivamente da tutti gli esponenti del genere: molti vedevano in quel mood più commerciale una degenerazione di ciò che la musica techno aveva rappresentato fino a quel momento.

Di fatto, il duo stava proponendo qualcosa di nuovo e, come afferma Laurent Garnier, stava provocando una vera e propria rivoluzione – tanto musicale, quanto estetica – della musica elettronica. La scena tutta era di fronte ad un bivio: rimanere “underground” – in aperta opposizione al sistema – o entrarne a far parte per modificarlo dall’interno.

La presa della Bastiglia.. E altri grandi “eventi” della musica francese

La Techno Parade di Parigi inizia con una frase tanto lapidaria quanto emblematica:

“La musica techno ha preso la Place de la Bastille!”

(Laurent Garnier – Off the Record)

Quella rappresenta per Laurent Garnier la vittoria di una importantissima battaglia culturale: significava far uscire la techno dal buio in cui era relegata per conquistare le strade, gli arrondissement e l’intera città. È il primo momento in cui Parigi si apre alla musica techno.

Nell’arco di 10 anni tutto è cambiato: nel 2010 Laurent Garnier si esibirà alla Salle Pleyel che, a detta dello stesso Dj, è “la sala più spaventosa” per un artista.

Il teatro è sempre stato riservato a spettacoli di diverso tipo. Grandissimi artisti hanno calcato quel palco – Miles Davis o Duke Ellington, solo per fare un esempio. Proporre la musica techno in un posto così, commenta Laurent, “è il risultato di tutto quello che ho sempre sognato di fare”.

Un altro evento importantissimo è Grand REX, il concerto per il quindicesimo anniversario della Ed Banger Records nel 2019. L’evento fu memorabile: era stato possibile suonare musica elettronica con un’orchestra. L’aver portato in luoghi più convenzionali questo genere di musica ha contribuito a cambiare la percezione che il pubblico aveva della musica elettronica.

Questa rivoluzione però era stata possibile solo perché molti dj avevano (comunque) mantenuto uno stretto legame con i club, spingendosi passo dopo passo sempre più verso il grande pubblico.

Veicolare un messaggio attraverso la musica

La musica è anche politica! Il cavaliere della Legion d’Onore racconta di una certa ansia nel suonare a Tbilisi (in Georgia). Il Bassiani rappresenta il più importante locale della città e, come fa notare Arnaud Contreras (direttore e coreografo del locale), i clubber frequentano il Bassiani perché significa ribellarsi: “è un atto militante!”.

Che cosa vuol dire? Semplice: in quel posto è possibile incontrare tantissime persone che lottano per qualcosa – per i diritti civili, per i diritti LGBTQ+, o ancora per i diritti per i minori. La musica e il socializzare diventano un modo per fare politica.

A seguito di un intervento delle forze armate nel club, tantissime persone si radunarono in piazza di fronte al parlamento georgiano per protestare e lo fecero ballando!

“Anche se molte persone pensano che la pista da ballo non dovrebbe essere politica, io credo che debba esserlo. A volte devi dire qualcosa con i tuoi dischi”.

(Laurent Garnier – Off the Record)

Il peso di essere Laurent Garnier

L’essere un Dj così affermato a volte può essere difficile: tutto è così frenetico che non riesci a controllarlo; ti spaventa e ti eccita al contempo.

Laurent Garnier fa notare però che se il suo spazio personale non fosse costituito dagli affetti familiari e dalle amicizie più intime che gli permettono di essere semplicemente una persona, probabilmente non sarebbe potuto esistere nemmeno il Laurent Garnier “DJ” che tutti noi amiamo.

In chiusura il Dj racconta che a fine di un party c’è sempre una sorta di tristezza. Alle volte può essere desolante, ma bisogna rendersi conto che “la notte” non è la vita reale: non bisogna mai farsi ingannare oppure un Dj rischia di perdersi in quella frenesia.

Nella notte c’è della bellezza, ma anche tanta solitudine che bisogna saper fare propria. Tutto questo (e molto altro) è il clubbing secondo Laurent Garnier.

“Ero un grande amante della musica. Amavo la disco, amavo il reggae, la new wave, amavo il punk, amavo il soul. E la house e la techno sono l’essenza di tutto questo messo insieme. Quindi la musica house era la musica che stavo aspettando”.

(Laurent Garnier – Off the Record)