foto di Kevin Porcu
Linecheck 2025 è stato più che un festival ma un momento nel tempo costruito intorno all’idea che la musica sia una “beautiful presence”: qualcosa che abita lo spazio, le relazioni e il pensiero, andando oltre la dimensione del live come siamo abituati ad intenderlo.
Tra il 17 e il 22 novembre, Milano si è trasformata in un unico corridoio di ascolti, incontri e performance, dove addetti ai lavori, artisti e pubblico hanno condiviso la stessa infrastruttura emotiva, fatta di talk, set audio, club night e momenti di confronto.
Linecheck 2025 anche quest anno si è confermato come uno dei veri “hub di sistema” per l’industria musicale europea, capace di tenere insieme mercato, ricerca e politica culturale. Tra BASE Milano, l’Auditorium San Fedele e gli appuntamenti conclusici al DumBO di Bologna, il programma ha disegnato un continuum: dal pomeriggio di panel e workshop alla notte di set ipnotici, passando per installazioni e format di ascolto guidato che hanno ribaltato l’idea di conferenza tradizionale.

Il claim “beautiful presence” si è tradotto in una curatela che spingeva a stare davvero nei luoghi: networking e tempi lenti per ascolti immersivi, sessioni di Q&A ravvicinate e spazi pensati per far incontrare chi suona, chi organizza, chi pensa la musica e chi la abita come strumento di trasformazione sociale.
Il cuore “meeting” ha lavorato come un vero cervello collettivo sul presente e sul futuro del settore, con panel su modelli di business, tecnologie emergenti e sostenibilità che rifiutavano il solito vocabolario da convegno corporate. Il Sync Summit, in collaborazione con Europe in Synch, ha messo al centro il rapporto tra musica, cinema, videogiochi e media visivi, spostando l’asse dalla nostalgia per il grande score del passato a un’idea di colonna sonora europea contemporanea, stratificata, ibrida, politicamente situata.
In parallelo, il Social Change Summit – nell’edizione “Act in Synch” – ha mostrato quanto la programmazione non fosse un semplice “add on” valoriale, ma una vera presa di posizione: talk e incontri legati a progetti come Earthsonic hanno intrecciato urgenza ecologica, attivismo e pratiche sonore, trasformando la musica in una grammatica per leggere crisi climatiche, migrazioni, disuguaglianze.
La collaborazione rinnovata con ASCOLTO festival ha dato corpo a una delle anime più radicali dell’edizione: tre giorni di sessioni dedicate ad ascolti guidati, storytelling sonoro e mappatura di scene globali dove il suono diventa strumento di racconto e infrastruttura comunitaria. Non un semplice “panel sulla world music”, ma un laboratorio diffuso su come si costruiscono narrazioni sonore decolonizzate, precise, radicate nei territori.

La musica dal vivo
Sul fronte live, Linecheck 2025 ha mescolato pop espanso, elettronica obliqua e songwriting visivo con una coerenza rara nei festival di settore. Sega Bodega, Judeline, Joy Orbison e Nick León hanno incarnato il versante più “club-oriented” e cinematografico della programmazione, alternando dj set ad alta intensità emotiva a momenti più introspettivi, dove bassi saturi e voci distorte diventavano materiali di montaggio narrativo.

Lucy Railton, in collaborazione con Inner_Spaces e in partnership con Kadmonia, ha portato all’Auditorium San Fedele una performance che teneva insieme cello ed elettronica, in un dialogo costante con l’acustica del luogo: un concerto che ha messo in crisi i confini tra musica contemporanea, sound art e esperienza quasi liturgica. Accanto ai nomi internazionali, il festival ha valorizzato una nuova ondata di artisti – tra cui Milune, Valentino Vivace, Panda Lux, Gina Été e Akryl – presentati in showcase dedicati che restituivano un’immagine precisa e vivissima di una scena nazionale in piena mutazione. Spazio che è stato dato anche alla nuova scena italiana con Delicatoni, Turbolenta, NAVA e Le Feste Antonacci che hanno mostrato ai pubblici come la musica nel nostro paese sia più viva e in contatto col mondo che mai.

Linecheck 2025 ha dimostrato che è possibile fare un festival-ecosistema che non sacrifica la complessità sull’altare della scalabilità. BASE Milano ha funzionato come epicentro della settimana mentre il finale condiviso con ROBOT al DumBO di Bologna ha spinto l’idea di festival multicentrico, capace di far dialogare due città in un’unica traiettoria narrativa.
Più che un calendario di eventi, questa edizione ha dato la sensazione di una comunità in atto: artisti, operatori, curatrici e pubblico in continuo stato di attraversamento, tra luci strobo e cuffie per l’ascolto, riconoscendosi in una stessa domanda di fondo – come può la musica, oggi, essere presenza viva, infrastruttura emotiva e pratica di cambiamento collettivo.
