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Un viaggio di venti tracce all’interno della musica Microhouse, quel polo trasversale della musica elettronica che si avvicina alle sonorità della musica House più deep, ma che abbraccia radici diverse ed eterogenee.

Il mondo della musica elettronica può essere suddiviso in decine, forse centinaia di generi e sotto-generi. Tra i generi più diffusi, longevi e ballati in locali, discoteche, festival ed eventi di tutto il mondo figura sicuramente la musica Microhouse, uno stile trasversale che, a differenza di generi affini, non è identificabile con estrema precisione. Né per quanto riguarda nascita e storia, né per peculiarità stilistiche.

Se, infatti, in passato ci è stato relativamente facile individuare trenta tra le tracce fondamentali della musica House e della musica Techno, oltre a descrivere chiaramente la storia di questi generi, storia diversa è per la musica Microhouse.

Non è per nulla facile individuare gli anni di nascita e gli artisti responsabili della creazione di questa musica. Questo perché la Microhouse affonda le proprie radici in diversi stili. A differenza di quanto potrebbe suggerire il nome, infatti, questo genere non si limita a essere una variazione della ben più longeva House music.

Ma qualche certezza c’è. Per esempio, lo stile tipico della musica Microhouse, stile che è inevitabilmente vicino al più ampio mondo della musica Minimal, si rifa alla musica minimalista che nasce negli Stati Uniti degli anni ’60 e ’70 e che vede i visionari Steve Reich, Philip Glass, La Monte YoungArvo Pärt tra i suoi protagonisti. Altra certezza è che fondamentali al primo sviluppo della scena sono artisti del calibro di Carsten Nicolai, Ricardo Villalobos, Daniel Bell, Matthew Herbert, Akufen, Matthew Dear ed etichette come Perlon, Playhouse, Raster-Noton, Kompakt.

Ultima certezza, che useremo come base per costruire la nostra analisi, è la florida situazione attuale della musica Microhouse. La sviluppatissima scena est-europea e rumena in particolare, realtà di altissima qualità che puntano fortemente su artisti e progetti Minimal (Robert Johnson su tutte, ma anche il neonato Discosizer in Italia) e l’affermarsi, anche nel nostro Paese, di artisti associabili chiaramente a questo stile, tra i quali Francesco Del Garda e i collettivi Bosconi e Veniceberg.

E allora partiamo, senza nessuna pretesa di infallibilità o di onniscienza, con questo viaggio in una realtà dai contorni sfumati e non identificabili, ma estremamente coinvolgente e contraddistinta da un’anima che si sprigiona in modo prepotente in ogni traccia.

Move D – Eastman (Source Records, 1995)

Impressionante notare come il primo artista citato sia uno dei più apprezzati a livello mondiale ancora oggi, nel 2018. David Moufang, in arte Move D, è il “mostro sacro nell’ombra”, ovvero un artista che ha saputo dare un apporto di importanza infinita all’intera scena della musica elettronica senza mai finire nel circolo dei soliti noti, magari adattando il suo suono alle esigenze del mercato di questo o quell’anno.

Questo suo primo album, “Kunststoff“, è uno di quei capolavori che andrebbero fatti ascoltare nelle scuole. Nonostante non si tratti della versione più Microhouse di Move D, in questo LP David fonde così sapientemente House, Techno e tutto quello che sta nel mezzo, da lasciare estasiati.

La traccia “Eastman” subisce le aggressive influenze di una scena puramente House che nel 1995 viveva uno dei suoi periodi di massimo splendore. Move D, però, riesce già a dare un tocco di un’essenzialità rara.

Villalobos – The Contempt (Last H Of Porto Mix) (Playhouse / Ladomat 2000, 1995)

La spiegazione alla presenza di questa traccia nella lista è estremamente semplice: potevamo forse escludere il primissimo Ricardo Villalobos, che in quest’occasione firma la quarta uscita assoluta di Playhouse?

No. Leggenda.

Kyborg – Poly Acid Morph Basic Track (Rastermusic, 1996)

La fortuna di stilare una lista così ampia è quella di poter inserire anche gemme poco conosciute, senza aver timore di escludere tracce “popolari”, la cui assenza potrebbe sicuramente far storcere il naso ai lettori più appassionati.

In questo caso la fortuna è doppia perché la ricerca è stata relativamente scarsa. “Poly Morph Basic Track“, infatti,  fa parte dell’EP “Kyborg“, omonimo dei suoi creatori, che è nientemeno che la release che ha dato il via a un’etichetta del calibro di Rastermusic. Rastermusic che diventerà la rinomata Raster-Noton in seguito alla fusione del 1999 con il noton.archiv di Alva Noto.

Il 1996 si sente in tutta la sua robustezza e pesantissima acidità, ma si avverte nitidamente anche quella tipica sonorità essenziale e coinvolgente che fa ballare una miriade di appassionati a vent’anni di distanza.

Markus Nikolai – Say One (Perlon, 1997)

Come per Raster-Noton, in questa disamina è impossibile prescindere dal disco che ha dato il via a un catalogo denso e di qualità come quello della Perlon di Markus NikolaiThomas Franzmann aka Zip e Chris Rehberger.

Come spesso accade, è proprio uno dei co-fondatori dell’etichetta a firmare il debutto assoluto della stessa; in questo caso, però, sono elementi particolarmente groovy ad accompagnare un ritmo profondamente minimalista. Si può, infatti, parlare di uno dei primi esempi di Microhouse.

Dimbiman – Köppchen (Herberts D-D-D-Dazzle Dub) (Perlon, 1998)

Nonostante non sia certo riconosciuto per le sua abilità produttive, quanto più per le capacità alla console, Thomas Franzmann è riuscito a produrre dei capolavori incredibili ed estremamente adatti a descrivere la pura essenza della musica Minimal.

In particolare, è sotto il suo alias meno noto Dimbiman, invece che come Zip, che ha rilasciato diversa musica sull’etichetta che ha co-fondato: Perlon. Qui ci pensa Matthew Herbert, altro personaggio fondamentale per la scena, a rendere “Köppchen” uno dei più limpidi capolavori Microhouse.

Se, come detto, Franzmann non è famoso come produttore, è stato sicuramente uno dei pochissimi, pochissimi artisti a diffonfere già vent’anni fa uno stile che ancora oggi è tra i più ballati e apprezzati dagli appassionati di musica elettronica.

Isolée – Beau Mot Plage (Playhouse, 1998)

Anticipiamo la più probabile delle obiezioni: ci sono tutte le ragioni per affermare che il lavoro più rappresentativo della carriera di Rajko Müller aka Isolée sia il suo album di debutto “Rest“, uscito proprio su Playhouse nel 2000.

Sacrosanto, per quanto possa essere sacrosanto un giudizio necessariamente soggettivo sulla carriera di un artista. Qui, però, non si stanno includendo solamente le produzioni più rappresentative di un artista; qui si sta operando un viaggio all’interno di un genere. E, come spesso succede, nei full-lenght i produttori si allontanano dalle sonorità che li contraddistinguono presso il grande pubblico per dedicarsi a processi produttivi più personali, sperimentali, introspettivi.

Se, quindi, “Rest” è un capolavoro di indubbia importanza nella carriera di Isolée e per la musica elettronica in generale, ci è sembrato più adatto inserire “Beau Mot Plage“, traccia dall’omonimo EP del 1998 che meglio rappresenta lo stile dell’artista tedesco e meglio si inserisce in questa selezione.

Jürgen Paape – Untitled A.1 (Kompakt, 1998)

L’etichetta di Colonia Kompakt sta alla musica Microhouse un po’ come Tresor alla Techno e Nervous all’House. Il ruolo che la label ha avuto nel genere lo si può facilmente comprendere se si pensa ai tre fondatori: Wolfgang Voigt, Michael Mayer e, appunto, Jürgen Paape.

È proprio quest’ultimo a dare il via, il 29 ottobre 1998, a un catalogo che nell’arco di vent’anni ha ospitato più di trecento uscite da artisti del calibro di Sascha Funke, Superpitcher, DJ Koze, Gui Boratto, John Tejada, Agoria e decine di altri pezzi da novanta.

Il via lo dà con un EP che profuma di manifesto Microhouse.

Thomas Melchior – Feel Sensual (Perlon, 1999)

Visto e considerato il “curriculum” dell’artista in questione, non è una sorpresa che questo sia uno dei migliori dischi di una delle migliori label della storia della musica Microhouse. La traccia, tra l’altro, fa parte di un tre-tracce a cui hanno contribuito due mostri sacri del calibro di Thomas Franzmann (Zip!) e Peter Frank Adshead (Baby Ford).

Thomas Brinkmann – Yvette 1 (Max Ernst, 2000)

Thomas Brinkmann ha il merito di essere stato, consapevolmente o meno, un tardo teorico della musica Minimal e un protagonista di essa allo stesso tempo.

Nella sua immensa carriera da produttore – stiamo parlando di una decina di album e innumerevoli EP in più di due decenni – è un’impresa scegliere una delle sue tante release come la più adatta a comparire qui. I rischi erano due: saturare questo trenta-tracce di sue produzioni o prendere coraggio e sceglierne una. Abbiamo optato per il secondo.

Come per “Beau Mot Plage” di Isolée, abbiamo cercato di trovare una traccia dei primissimi anni di carriera che conciliasse la componente visionaria del Brinkmann produttore con lo stile per cui è tipicamente riconosciuto a livello internazionale. “Yvette 1” dall’EP “Yvette / Zora“, è risultata la più adatta anche per la sua relativa fama tra gli appassionati.

Sascha Funke & Djoker Daan ‎- Yachad (BPitch Control, 2000)

Il 2000 si conferma un anno d’oro per il genere. Sascha Funke e la BPitch Control di Ellen Allien sono altre due istituzione che hanno dato molto per la causa che stiamo analizzando, nonostante l’etichetta berlinese sia più conosciuta per ben altre release e altri generi.

Qui lo stile si fa più accelerato e conciso; ovvio, se si pensa alla label a cui era destinata l’uscita e alle caratteristiche tecniche e artistiche del principale protagonista dell’EP, Sascha Funke appunto. Il pezzo rimane comunque, a suo particolarissimo modo, una pietra miliare nel genere.

Soul Capsule Productions – Forever Love (Aspect Music, 2000)

Thomas Melchior e Peter Frank Adshead, aka Soul Capsule Productions o semplicemente Soul Capsule, sono tra i più illustri rappresentanti della scuola Minimal britannica. Scuola che, fin dai primissimi passi (questo disco è del 2000) si dimostra straordinariamente vicina alle sonorità Deep House.

Questo, ovviamente, non è un caso per due motivi: il primo è che il Regno Unito dell’epoca respirava ancora l’arrivo relativamente recente dell’House music dagli Stati Uniti. Il secondo è che Microhouse e Deep House, per caratteristiche intrinseche, sono necessariamente vicini come generi e condividono diverse peculiarità.

Herbert – Going Down (Soundslike, 2000)

A costo di essere ripetitivi, ennesimo brano uscito nel 2000, anno che sembra essere in qualche quello d’oro per le sonorità Minimal. Di nuovo scuola britannica (vedi Soul Capsule poco sopra), ma da un artista di raffinatezza, esperienza e maestria che non hanno praticamente eguali nella storia della musica elettronica: Matthew Herbert.

Che Herbert non sia sicuramente conosciuto per essere un produttore tipicamente Microhouse, è fuori di dubbio, visto il suo immenso ruolo nell’House e Deep House in particolare. Difficile, però, prescindere da lui in questo contesto. Nel suo immenso repertorio, infatti, di sperimentazione dai caratteri minimalisti se ne trova a pacchi.

Oltre a interi album “minimal-oriented” (vedi “Plat Du Jour” del 2005), Herbert si scatena anche negli EP. Nel 2000 pubblica sulla sua Soundslike, etichetta pensata per la pubblicazioni da dancefloor, l’EP “Leave Me Now“. “Going Down“, ultima traccia, è un’arma che farebbe saltare in aria qualsiasi folla. Qualsiasi.

Akufen – Quebec Nightclub (Perlon, 2001)

Beat sincopati, vocali essenziali, distorsioni e ritmo che rende impossibile stare fermi.

Per il resto, la descrizione trovata su YouTube basta e avanza per descrivere questa uscita del canadese Marc Leclair, aka Akufen, per la ventiquattresima release di Perlon; “You can’t go wrong with Akufen on Perlon“.

Farben – Farben Says: Love Oh Love (Klang Elektronik, 2002)

Un po’ di atipicità non può mai fare troppi danni. Qui, infatti, Jan Jelineki aka Farben ci accompagna in qualcosa di pressoché impossibile da definire, un pezzo a cavallo tra mille generi e influenzato da innumerevoli stili, contraddistinto da una morbidezza solitamente introvabile e da un ritmo incalzante, deep e continuo.

Anche lui sta in quell’Olimpo che citeremo a breve, con pochi altri artisti capaci di contraddistinguersi in modo così prepotente per peculiarità artistiche praticamente uniche.

Piccola curiosità: Klang Elektronik, etichetta tedesca su cui Farben pubblicherà quasi ogni sua opera, nasce da Atanasios Christos e Heiko Schafer (aka Ata e M/S/O) come etichetta sorella di Playhouse. Destinata al materiale più orientato verso la Techno, ospita anche perle che hanno gli inconfondibili caratteri della musica Minimal e Microhouse in particolare.

Matthew Dear – Dog Days (Ghostly International, 2003)

Il secondo Matthew della lista è un personaggio sicuramente più legato al panorama Micro rispetto al primo. Matthew Dear, infatti, è riconosciuto pressoché all’unanimità degli appassionati come uno degli artisti facenti parti dell’Olimpo della musica Microhouse.

Qui era il 2003 e Dear, dopo alcuni anni di produzioni, si destreggia con il suo primo album, “Leave Luck To Heaven“, uscito su Spectral Sound, label sorella di Ghostly International. Il nostro si contraddistingue da subito come un produttore che vuole assolutamente far ballare le persone; il risultato è una traccia particolarmente groovy, così come lo è buonissima parte della discografia di Dear.

Audio Werner – Still Jackin (Hartchef Discos, 2005)

Altro artista protagonista della Microhouse europea è sicuramente Andreas Werner, aka Audio Werner, dj e produttore tedesco. Oltre a uscite sulla Minibar di Cabanne, su Trapez e Toi Toi Musik, Werner è co-fondatore di Hartchef Discos con Erk Richter e H.R. Schneider.

È proprio sulla sua label che nel 2005 Werner rilascia un EP che prende a pienissime mani dalle origini della Microhouse, alias Markus Nikolai, Dimbiman e compagnia.

Thomas Melchior & Luciano – Father (Cadenza, 2006)

Di nuovo Thomas Melchior, questa volta in compagnia di un’icona: Luciano. C’è poco da dire: la storia di Lucien Nicolet la conosciamo tutti e tutti sappiamo come da diversi anni il produttore e dj svizzero si sia abbandonato alle consolle più scontate e ai party più inflazionati.

Ma, come per molti altri suoi colleghi, c’è stato un periodo in cui Luciano era una vera e propria istituzione nel campo. E abbiamo le prove:

Petre Inspirescu – La Créme Bonjour (Cadenza, 2007)

Come accennato nell’introduzione, quella est-europea è una scena che ha dato e sta dando tantissimo alla musica Minimal, Romania in testa. Impossibile, tra l’altro, dimenticare un periodo che va dalla fine del decennio scorso all’inizio di quello attuale e che è stato fondamentale per lo sviluppo e l’evoluzione dello stile Minimal.

Qui Petre Inspirescu, uno dei fondatori della floridissima label rumena [a:rpia:r] insieme a Rhadoo e Raresh, sforna quello che è destinato a diventare un classico del genere su Cadenza, etichetta di un altro signore che al genere ha dato tanto e ha da dare: Luciano.

Le sonorità, sicuramente più morbide rispetto alla sincopata “proto-Microhouse” dei primissimi Perlon, lasciano intendere già nel 2007 cosa ci avrebbe aspettato nei successivi dieci anni. Almeno.

Alex Picone – Nanà (Bosconi, 2009)

Sentivamo come il dovere di rappresentare la scena nazionale italiana, che presenta sicuramente delle realtà validissime. Qui abbiamo forse i massimi sostenitore ed esponenti del genere in Italia, la scuola toscana di Bosconi.

Alex Picone confeziona una traccia che riporta direttamente ai dancefloor della fine del primo decennio del 2000 e che fa viaggiare con la mente chi ascolta.

Lunga vita a Bosconi!

Raresh – Vivaltu ([a:rpia:r], 2014)

Possibile racchiudere quella che, forse, è la realtà attualmente più forte e influente del settore? Non lo sappiamo, ma fingete che in questa traccia siano racchiuse molte cose. Fingete che in un solo brano noi abbiamo inserito la vivissima scena rumena, l’intera discografia del catalogo [a:rpia:r] e, soprattutto, fate conto che Raresh sia “solo” l’ideale portavoce dell’intero roster di un’etichetta così affascinante e di successo.

Vi sentiamo già, puristi e semplici appassionati del genere. Sentiamo già le mille obiezioni, a torto o a ragione che siano. Ricordate che non possediamo il dono dell’infallibilità, anzi. E spiace anche a noi escludere nomi illustri del calibro di Nathan Fake, Luomo, Barac, Force Tracks, Ongaru, Trapez e decine di altri.

Ricordate, soprattutto, che questa è una lista stilata da una persona, che nella ricerca dell’imparzialità si trova inevitabilmente influenzata da gusti personali e da proprie visioni del mondo della musica. Coscientemente o meno. Godetevi quello che avete tra le mani e chissà che,  prima o poi, non possa esserci un’altra lista simile…