Siamo entrati nella settimana di Outloud, il festival one shot che il 20 settembre porterà al Bunker di Torino due giornate di musica elettronica ad alta densità, con una line up che supera i confini e non ha nulla da invidiare a quelle di festival internazionali di più giorni. La chicca, qui, è che in un’unica giornata i migliori artisti della scena globale si alterneranno su sette stage differenti, ognuno pensato e strutturato per rendere l’esperienza Outloud indimenticabile.
Per capire l’energia dietro questo evento e cosa lo renda speciale, abbiamo parlato con Salvatore Ficara, in rappresentanza di Outcast, la crew di Torino che insieme a quella di Barcellona Loud Contact ha dato vita a Outloud.

Outcast e Loud Contact: le realtà dietro Outloud

Outcast è un collettivo torinese che da oltre dodici anni costruisce – nel vero senso della parola, mattoncino dopo mattoncino – eventi, capaci di unire ricerca sonora e dancefloor.
Dai primi party nei club cittadini più di dodici anni fa, come Supermarket, Gamma e Bunker, fino alla creazione di una label, oggi Outcast è una realtà che porta il vero senso comunitario del mondo del clubbing sui dancefloor di tutto il mondo, diventando uno dei riferimenti più solidi della scena elettronica italiana e non solo. Un percorso che ha sempre privilegiato qualità, sperimentazione e cura del suono, diventando punto d’incontro per chi vive il club come cultura e non solo intrattenimento.

Loud Contact nasce a Barcellona nel 2011 e in quasi quindici anni di cura e selezione artistica raffinatissima, si afferma oggi come una piattaforma internazionale capace di dare vita a progetti di altissimo livello in tutta Europa. Tra queste brilla la produzione legata al Sónar di Barcellona, al quale associa ogni anno la Off Week, nata come “fuori programma” del festival, ma che negli anni si è affermata come un appuntamento immancabile per chiunque sia parte della scena elettronica. Loud Contact ha sviluppato un network solido e cosmopolita, e non potrà che essere stimolante, per Torino, aprire le porte per la prima volta alla sua visione ed energia.

Outloud è la sintesi di queste due forze: l’esperienza radicata di Outcast e la visione globale di Loud Contact.
Un’unione che punta a concentrare in un solo weekend l’essenza di anni di ricerca musicale, creando un evento graffiante, che si pone l’obiettivo di rimanere negli annali.
Per questo la definizione di festival one shot suona naturale: non parla di un epilogo, ma di un istante irripetibile in cui energia, visione e cura raggiungono la loro massima intensità.

Line up

La line up riflette la doppia anima del festival: internazionale e profondamente underground.
Tra i nomi già annunciati spiccano Jeff Mills, Ricardo Villalobos, Kittin, Anthony Rother, Raresh, Nicolas Lutz, Dr. Rubinstein, Christian AB, Ruiz OSC1, Gabbs, Brasi, Lumiere e Alexia Glensy.
Un mosaico sonoro che abbraccia techno, electro e house, con artisti che rappresentano il meglio della ricerca elettronica contemporanea.

Atmosfera e spazi

Il Bunker è uno dei luoghi simbolo della scena torinese: spazi indoor e outdoor, sound system Funktion One che non ha bisogno di presentazioni e un impatto visivo industrial che rende l’esperienza fuori dal tempo. Outloud sfrutterà ogni angolo del complesso, offrendo una narrazione continua dalla luce del giorno al buio della notte.

Ci siamo fatti raccontare da Salvatore come è nato Outloud, la visione oltre il concetto e le prospettive future.

Salvatore, non è la prima volta che tu e Alessio (Loud Contact) collaborate. Qual è stata la scintilla che ha fatto scattare l’amicizia tra voi e l’intuizione per dare vita a questa collaborazione?

L’amicizia con Alessio è nata qualche anno fa. Anche se vive lontano da Torino da tempo, Alessio è torinese come noi. Già molti anni fa frequentavamo i suoi eventi durante il Sónar a Barcellona; avevamo amici in comune e, quando qualcuno gli ha parlato di noi, ci siamo conosciuti. La prima collaborazione risale a giugno dell’anno scorso, con un evento al Bunker, seguita da una festa durante la Off Week di Barcellona.

Quando è nata l’idea di creare un festival insieme?

L’idea è arrivata subito dopo quell’evento al Bunker. Il successo ci ha spinti a pensare in grande: “Perché non dare vita a qualcosa di più ambizioso?”. Così è nata Outloud.

Quale visione artistica accomuna Outcast e Loud Contact e come si riflette nell’identità di Outloud?

Outloud nasce dall’incontro tra due realtà unite da una stessa missione: promuovere la musica elettronica come spazio di libertà, inclusione e sperimentazione.
Crediamo che club culture e linguaggio sonoro siano strumenti per creare connessioni, abbattere barriere e dare voce a nuove sensibilità. Questa visione prende forma in una curatela che valorizza artistə emergenti e innovativə, celebra la diversità e crea esperienze immersive in cui musica, arte e comunità si intrecciano. Outloud non è solo un festival, ma un organismo vivo.

Perché avete scelto Torino come teatro della prima edizione? Cosa rappresenta la scena elettronica torinese per voi?

Alessio è di Torino e, nonostante abbia organizzato eventi in mezzo mondo, non aveva mai fatto nulla nella sua città natale. Per noi di Outcast, Torino è casa: una città con una storia musicale profonda e sotterranea, ruvida e autentica, che non cerca di compiacere ma di esprimere. Organizzare qui è stato naturale e inevitabile: un omaggio alla città che ci ha formati e un invito a una nuova energia culturale.

In che modo la vostra alleanza ha plasmato l’identità del festival?

La nostra è una fusione di sensibilità: da un lato la ricerca sonora e l’intimità del party tipiche della scena italiana, dall’altro l’esperienza di Loud Contact nel costruire eventi con un respiro visivo e internazionale.
Questa miscela si riflette nella line-up, negli allestimenti e nella narrativa dell’evento, che racconta Torino ma guarda all’Europa.

Il Bunker è un luogo iconico della scena elettronica torinese. Quanti stage avete previsto e come li avete pensati?

Gli stage saranno sette:

  • 2 chill area dedicate alla pausa e al relax,
  • 2 stage grandi all’aperto, attivi solo di giorno,
  • 1 stage al chiuso aperto sia di giorno che di notte,
  • 2 stage al chiuso aperti solo di notte.

Come avete bilanciato l’intimità del club con la scala di un festival?

La sfida è trasformare un club in un festival senza snaturarne l’anima. Ci riusciamo lavorando sulla progressività dell’esperienza: spazi raccolti accanto a momenti di pura energia, curando suono e visual per mantenere una dimensione avvolgente e familiare.

Outloud può essere considerato un atto politico, soprattutto in una città che sembra essersi assopita?

Sì, è anche un atto politico: investire energia e visione nella città che ci ha cresciuti significa riaccendere un faro collettivo. Torino ha bisogno di nuove scintille e Outloud vuole essere una di queste, dimostrando che qualità e ambizione possono ancora nascere qui.

Questo è solo l’inizio? Possiamo immaginare Outloud come un format itinerante?

Per ora è un primo passo, con lo sguardo aperto al futuro. Vedremo dove ci porterà.