Con “Fixed In My Head”, Clif Jack entra nella scuderia di Sam Paganini con un lavoro che non si limita a essere un semplice “peak-time weapon”, ma si propone come una traccia sfaccettata e complessa.
Il brano incarna la sua firma sonora: una techno solida, tesissima, costruita su micro-variazioni di dettaglio che generano un’energia che dal kick, asciutto e compresso crea una base di pressione costante su cui si innestano percussioni calibrate al millimetro — non riempitivi, ma veri vettori ritmici.
Il synth centrale, un loop che sembra respirare, viene modulato come fosse un elemento vivo, filtrato e spinto fino a creare quella sensazione di “elasticità mentale” che ormai rappresenta uno dei marchi di fabbrica di Clif Jack.
Ritornano anche le variazioni timbriche impercettibili, risonanze controllate e un interplay frequenziale. È un approccio in continuità con il percorso di un artista che ha sempre costruito la propria identità sul dialogo tra energia e narrazione.
Dai club italiani che lo hanno visto emergere come ExtraExtra e Il Muretto, fino ai palchi internazionali di Berlino, Zurigo, Amsterdam o New York, la sua crescita è passata attraverso un costante affinamento del controllo emotivo del dancefloor: non semplici drop, ma punti di rottura pensati come “scene”, momenti in cui il pubblico viene risucchiato dentro la trama sonora.
“Fixed In My Head” riflette anche la matrice concettuale di MJA The Vision: una techno che non si accontenta del suono, ma che cerca il suo correlato visivo, quasi sinestetico. Il groove diventa così un vettore immaginifico, un impulso che suggerisce architetture digitali, geometrie in movimento, un mondo dove la pista è un’estensione della mente.
In questo dialogo entra la figura di Sam Paganini, uno dei massimi esponenti della techno italiana, noto per la capacità di unire rigore ritmico e appeal universale. La sua estetica — maturata tra Drumcode, Cocoon, Plus8 e celebrata in tutto il mondo grazie a tracce che hanno definito un’epoca — è precisa, funzionale, estremamente consapevole dei meccanismi psicofisici del clubbing. La sua label JAM è da sempre un terreno fertile per artisti che privilegiano la sostanza alla superficie, e la scelta di Clif Jack non è un caso: entrambi condividono una vocazione per l’ingegneria del suono, per l’architettura ritmica, per la techno come esperienza sensoriale completa.Il risultato è un brano che resta fedele alla tradizione ma respira futuro.

Una release che conferma Clif Jack come una delle voci più autorevoli e visionarie della nuova generazione techno, e che ribadisce la capacità curatoriale di Paganini nel riconoscere produzioni che sanno essere, allo stesso tempo, funzionali e profondamente artistiche.
