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Adam Beyer, indiscusso protagonista della scena techno internazionale e fondatore dell’etichetta Drumcode, oggi festeggia quarantaquattro anni.

Quando negli anni ’80 la musica elettronica, in particolare la techno, da Detroit diventò gradualmente un fenomeno di massa, i luoghi di questa nuova manifestazione culturale erano circoscritti a piccoli club.

I disc jockey non avevano la consapevolezza di aver portato un mutamento radicale all’interno del panorama musicale e di certi ambienti culturali. Il clubbing nacque come un fenomeno di nicchia, una corrente musicale sposata da coloro che rifiutavano con forza tutto quello che una società sempre più stereotipata e consumista gli proponeva, o forse addirittura gli imponeva.

Con l’avvento degli anni ’90 la crescita e la comunicazione della techno hanno marciato senza sosta, diventando quel fenomeno di massa che oggi conosciamo bene. Si parla di techno commerciale, forse perché i DJ non sono più ragazzi che mettono due dischi, ma le vere star della scena musicale.

L’elettronica è riuscita a costruirsi oggi un ruolo da protagonista. Oggi la musica techno fa girare milioni ed è un settore economico in costante crescita.

Adam Beyer è una di quelle figure che in questa logica ha fatto il suo gioco. In maniera importante, a suo modo. Oggi la sua etichetta, Drumcode, è una di quelle che vende di più, e il suo nome è headliner di tutti i più celebri eventi e festival del mondo.

Ma da dove è partito Adam Beyer e quanto è veramente schiavo di quest’etica commerciale che spesso viene criticata e di cui è riconosciuto essere uno dei principali fautori?

La storia di Adam Beyer inizia in Svezia, nella capitale Stoccolma, nel 1976. Sin dai primi anni dell’infanzia il padre batterista gli insegna a suonare lo strumento. La crescita di Adam è fortemente influenzata da questa figura che verrà a mancare quando Adam ha solo 13 anni.

Dalla morte del padre, nonostante un iniziale momento di sbando e depressione, Adam trae il vantaggio di trovare rifugio nella musica e in adolescenza si dedica al mixaggio e allo scratch. Ha scelto la sua strada. Con i soldi dell’assicurazione sulla vita del padre, la madre di Adam gli regala il suo primo giradischi.

La musica diventa fonte di salvezza per quel giovane arrabbiato con la vita. E la sua passione per la musica lo porta a lavorare come commesso al Planet Rhythm, uno dei più rinomati negozi di vinili di Stoccolma. La vicinanza di figure come Carl Lekebusch, Joel Mull e Jesper Dahlback, rappresentanti di quel nuovo modo di fare techno dinamico, stimolano Adam Beyer a sviluppare e creare il proprio stile personale.

La figura più d’ispirazione per il giovane di Stoccolma è Jeff Mills. Dopo averlo sentito all’Hard Wax nel ’93, Adam delinea con maggiore chiarezza la sua direzione musicale. Incomincia a capire che deve sfruttare le sue abilità e unirle ad un sound veloce, ritmato. La sua personalità musicale si può esprimere appieno.

Dopo la prima uscita da appena diciottenne sull’etichetta Direct Drive di Adam X e Jimmy Crash quando aveva 18 anni, è nel 1995 che avviene il suo debutto ufficiale. “Drumcode 1”. Pubblicata su Planet Rythm, è la prima traccia che rappresenta la sua techno dura e intrisa di loop e percussioni.

Segue nel 1996 la pubblicazione del suo primo EP “Decoded” e la fondazione dell’etichetta Drumcode. Ma Adam è ancora troppo giovane, e non si ferma unicamente allo stile nuovo e a quel sound techno puramente e tipicamente svedese.

Dopo sei uscite ed un successo immediato, Adam decide di portare avanti un secondo progetto, fondando la label Code Red. Il concept di Code Red segue una linea più morbida, dei ritmi meno serrati. Per presentare questo nuovo sound più melodico utilizza anche l’alias di Conceiled Project.

Sono gli anni della sperimentazione, nonostante Adam non molli mai il progetto Drumcode e nel 1999 pubblichi il secondo EP per l’etichetta “Protechtion”. Registra sporadicamente anche su altre label come Rotation Records, Primate Recordings, Inside Plus 8.

Con la pubblicazione su etichette come Plus 8, Soma e Nova Mute e la residenza in alcuni party ad Ibiza, oltre che la convivenza con giganti della minimal come Richie Hawtin e Ricardo VillalobosAdam sperimenta un nuovo modo di concepire la musica. 

La techno aveva raggiunto un punto quasi morto. Ed è per questo che i suoni minimali tipicamente baleari diventano un punto d’indagine  e di ripartenza. Quasi una messa in discussione di quello che con tanta fatica aveva fondato e creato.

Nel 2002 lancia una nuova etichetta: Truesoul. La nuova label, nata insieme agli amici svedesi Henrik Fagerberg  e Markus Eckhal, esplora una techno più ambient che ha uno sguardo maggiore verso le influenze delle origini e lo spirito di Detroit.

Proprio per tali ragioni, Adam decide di costruire un altro personaggio, quello di Ignition Key. L’utilizzo di progetti paralleli è utile ad esprimere se stesso e a non ricadere nella monotonia del suo mondo, senza sottrarre mai a Drumcode la figura cardine di Adam Beyer.

Ma tra le capacità di Beyer, senza dubbio quella di saper leggere il mercato è stata fondamentale nella consacrazione del suo successo. E Drumcode diventa la sua label, quella che cresce inesorabilmente diventando il trampolino di lancio per numerosi artisti che hanno nel loro DNA una techno spinta e audace.

Diventa così tanto potente da ricadere spesso nel commerciale, nel mainstream, costruendo più di una label; un progetto musicale a tutto tondo. Dischi come “Gashouder” di Joseph Capriati o “Solarium” di Paul Ritch diventano il manifesto di quei bassi, di una techno che viaggia lentamente intrisa di melodia e ritmi tagliati.

L’operazione è quella di sdoganare la techno dalla nicchia, di renderla più melodica, più masticabile per i palati non finissimi. E riesce perfettamente, perché Drumcode non fa altro che crescere sia nelle produzioni che nella caratura dei suoi eventi.

Tra questi l’Halloween Drumcode, che dal 2011 si svolge regolarmente a Londra ogni 31 ottobre, il Junction 2, che si svolge anch’esso a Londra, e come ultimo successo la creazione del Drumcode Festival ad Amsterdam.

Adam è pane per i grandi eventi, perché la sua techno è commerciale: è quella che accontenta anche i non appassionati, gli amanti dei ritmi spinti senza troppe pretese. Ma non disdegna i piccoli club, dove può ancora sperimentare e poter esprimersi diversamente dalla sua veste solita , adeguandosi a cachet inferiori rispetto alla DJ star che ormai è diventata.

La figura cardine della sua vita, la moglie Ida Engberg, condivide con lui questo progetto di vita e ne è parte integrante e spinta motrice. La scelta di vivere ad Ibiza, che forse è lontana dal mood in cui è nato, è volontaria. Adam non ha paura del cambiamento ma tiene stretto ciò che lo fa stare bene.

I progetti ed i talenti scoperti in questi anni, hanno ampiamente dimostrato che Adam Beyer non è solo uno di quei DJ che sta scrivendo la storia di un genere ma che è un ottimo scopritore di talenti, e uno che sa leggere bene le tendenze in fatto di elettronica.